sabato 1 gennaio 2022

Cari lettori,

ho aperto il blog sulla vocazione religiosa nel 2010, ricevendo centinaia di migliaia di visite. A causa di diversi motivi ho deciso di sospendere a tempo indeterminato (forse per sempre) gli aggiornamenti del blog. Ringrazio di cuore tutti coloro che in questi anni mi hanno dimostrato il loro sincero affetto e la loro amicizia.

Speriamo di poterci incontrare un giorno ai piedi della Beata Vergine Maria, nella Patria Celeste, ove assieme a tutti gli angeli e ai santi potremo lodare l'infinita misericordia di Dio per tutta l'eternità.

Cordialiter

venerdì 31 dicembre 2021

Canale Telegram

Cari amici,

vi informo che ho aperto un canale su Telegram. Per trovarlo e iscrivervi vi basta aprire l'app sul vostro smartphon, poi premere sul simbolo della lente d'ingrandimento in alto a destra e scrivere "Cordialiter" sulla barra delle ricerche. Una volta entrati nel canale, se ci si vuole iscrivere per ricevere gli aggiornamenti bisogna premere sul tasto "Unisciti" in basso.

Sursum corda!

Lettera aperta a una ragazza in ricerca vocazionale

Riporto il testo di un interessante scritto di Sant'Alfonso Maria de Liguori, rivolto ad una ragazza in ricerca vocazionale. Il tono appassionato ed evangelico è tipico di questo grande  vescovo cattolico. Preciso solamente che per agevolare la lettura ho tradotto i termini desueti e ho eseguito alcuni piccoli ritocchi. Il titolo originale della lettera è: "Avvertimenti ad una donzella che sta in dubbio dello stato che ha da eleggere".


Sorella benedetta, voi state deliberando quale stato di vita dovrete prendere. Io vi vedo agitata, perché il mondo vi vuole per sé con prender marito; anche Gesù Cristo vi vuole per sé con farvi monaca in qualche monastero osservante. Badate che da questa decisione che dovete prendere dipende la vostra salvezza eterna; quindi vi raccomando di pregare ogni giorno il Signore: e cominciate a farlo adesso che leggete il presente scritto, affinché vi dia luce e vigore di eleggere quello stato che è più giovevole a salvarvi; affinché non abbiate poi a pentirvi dell'elezione fatta per tutta la vostra vita e per tutta l'eternità, quando non vi sarà più rimedio all'errore. Esaminate poi che cosa può meglio giovarvi e rendervi felice: se l'avere per vostro sposo un uomo di terra o Gesù Cristo figlio di Dio e re del cielo; riflettete su chi di costoro vi pare sposo migliore e quello eleggete. La vergine s. Agnese era di tredici anni, e perché era bellissima, si vedeva amata da molti: fra gli altri si presentò a volerla per sposa il figlio del prefetto di Roma; ma ella pensando a Gesù Cristo, che la voleva per sé, rispose a quello: Io ho trovato uno sposo che è migliore di voi e di tutti i re della terra; quindi non posso cambiarlo con altri. E per non cambiarlo preferì perdere la vita a quella tenera età, e morì contenta, martire per Gesù Cristo. Lo stesso rispose la santa vergine Domitilla al conte Aureliano che era un gran signore; ed anch'essa morì martire, bruciata viva per non lasciare Gesù Cristo. Oh quanto si trovano adesso contente in cielo queste sante fanciulle per aver fatta questa buona elezione, e saranno contente per tutta l'eternità! La stessa beata sorte capiterà a tutte le ragazze che lasciano il mondo per darsi a Gesù Cristo. Esaminate poi le conseguenze dello stato di chi elegge il mondo e di chi elegge Gesù Cristo. Il mondo vi offre i beni della terra, robe, onori, spassi e piaceri. Gesù Cristo al contrario vi presenta flagelli, spine, obbrobri e croci, giacché questi furono i beni che egli scelse per sé in tutti i giorni che visse su questa terra; ma vi offre poi due beni immensi che non può darvi il mondo, cioè la pace del cuore in questa vita ed il paradiso nell'altra. Inoltre, prima che decidiate quale stato prendere, è necessario che pensiate che l'anima vostra è eterna, e quindi dopo la presente vita, che presto finisce, nell'istante della morte dovrete passare all'eternità, in cui, entrata che sarete, vi sarà dato quel luogo di pena o di premio che avrete meritato con le opere della vostra vita. Sicché in morte, in quella prima casa che vi toccherà ad abitare, o di vita eterna o di eterna morte, ivi dovrete stare per tutta l'eternità, o salva per sempre e felice in mezzo ai gaudi del paradiso, o per sempre perduta e disperata in mezzo ai tormenti dell'inferno. Pensate pertanto che tutte le cose di questo mondo presto dovranno finire. Felice chi si salva, misero chi si danna! Ricordatevi sempre di quella gran massima detta da Gesù Cristo: Che giova all'uomo guadagnare tutto il mondo e perdere l'anima? Questa massima ha spinto tanti cristiani a chiudersi nei chiostri o ad intanarsi nei deserti, e tante donzelle a lasciar il mondo per darsi a Dio e fare una santa morte. Al contrario, considerate la misera sorte che è toccata a tante dame, a tante principesse e regine, che nel mondo sono state servite, lodate, onorate e quasi adorate: ma se le misere si son dannate, che cosa giovano loro nell'inferno le tante ricchezze, le tante delizie e i tanti onori goduti, se non pene e rimorsi di coscienza che le tormenteranno per sempre, mentre Dio sarà Dio, senza veder mai alcun riparo alla loro eterna rovina? Ma diamo ora un'occhiata ai beni che dà il mondo in questa vita a chi lo segue, e ai beni che dona Dio a chi lo ama e per suo amore lascia il mondo. Promette il mondo grandi cose ai suoi seguaci; ma chi non vede che il mondo è un traditore che promette e non mantiene? Ma quantunque mantenesse le sue promesse, quali sono i beni che dà? dà beni di terra. Ma dà la pace, la vita felice che promette? no; perché tutti i suoi beni allettano i sensi e la carne, ma non contentano il cuore e l'anima. L'anima nostra è stata creata da Dio per amarlo in questa vita e goderlo nell'altra; onde tutti i beni della terra, tutte le delizie e tutte le sue grandezze vanno fuori del cuore, ma non entrano nel cuore, che solo Dio può contentarlo. Anzi Salomone chiamava tutti i beni mondani vanità e bugie che non contentano il cuore, ma lo affliggono: Vanitas vanitatum et afflictio spiritus. Ed infatti l'esperienza dimostra che chi più abbonda di tali beni, vive più angustiato ed afflitto. Se il mondo contentasse coi suoi beni le principesse, le regine, a cui non mancano spassi, commedie, festini, banchetti, bei palazzi, belle carrozze, belle vesti, gioie preziose, servi e damigelle che le servono e fanno loro corteggio, tutte queste signore sarebbero contente. Ma no; s'ingannano gli altri che le credono contente: domandate loro se godono piena pace, se vivono pienamente contente; che vi risponderanno? Che pace, che contente! Ciascuna di loro vi dirà che fa una vita infelice e che non sa che cosa sia la pace. I maltrattamenti che ricevono dai mariti, i disgusti che sono dati loro dai figli, le gelosie, i timori, i bisogni della casa le fanno vivere fra continue angustie ed amarezze. Ogni donna sposata può dirsi martire di pazienza: ma se ha pazienza; altrimenti patirà un martirio in questo mondo ed un martirio più penoso nell'altro. Quando altra pena non vi fosse, i soli rimorsi della coscienza basteranno a mantenerla continuamente tormentata, perché vivendo ella attaccata ai beni terreni, poco pensa all'anima, poco frequenta i sacramenti, poco si raccomanda a Dio; e priva di tali aiuti per viver bene non può vivere senza peccati e senza continui rimorsi di coscienza. Ed ecco che tutte le promesse di divertimenti fattele dal mondo diventano amarezze e timori della sua dannazione. Povera me! dirà, che ne sarà di me nell'ora della mia morte con questa vita che conduco, lontana da Dio e con tanti peccati, andando sempre di male in peggio? Vorrei ritirarmi a fare un poco di orazione, ma le faccende della famiglia e della casa non me lo permettono: vorrei sentir le prediche, confessarmi, comunicarmi spesso, vorrei frequentare la chiesa, ma mio marito non vuole; spesso mi manca l'accompagnamento necessario e gli affari continui, la cura dei figli, le visite e tanti intrighi che non mancano mai mi tengono chiusa in casa: appena nei giorni di festa posso assistere a una messa. Pazza me, che ho voluto sposarmi! mi potevo far santa nel monastero! Ma tutti questi lamenti a che servono, se non ad accrescerle la pena, vedendo di non essere più a tempo di cambiar la scelta che fece di restare nel mondo? E se le sarà amara la vita, più amara le sarà la morte. Allora vedrà intorno al letto le serve, il marito, i figli che piangono; ma tutti questi non le saranno di sollievo, bensì di maggiore afflizione; e così afflitta, povera di meriti e piena di timori per la sua eterna salute dovrà andare a presentarsi a Gesù Cristo che l'ha da giudicare. Al contrario una monaca che ha lasciato il mondo per Gesù Cristo quanto si vedrà contenta vivendo in mezzo a tante spose di Dio ed in una cella solitaria lontana dai disturbi del mondo e dai pericoli continui e prossimi che vi sono, per chi vive nel mondo, di perdere Dio! E quanto più si troverà consolata in morte nell'avere spesi i suoi anni in orazioni, mortificazioni ed in tanti esercizi di visite al sacramento, di confessioni, di comunioni, di atti di umiltà, di speranza, di amore verso Gesù Cristo; e quantunque il demonio non lasci di atterrirla con la vista dei difetti da lei commessi nella sua fanciullezza, però lo Sposo Celeste, per cui ella ha lasciato il mondo, ben saprà consolarla; e così piena di confidenza morirà abbracciata col crocifisso, che la condurrà nel cielo a vivere in eterno beata. E così, sorella benedetta, giacché dovete scegliere lo stato della vostra vita, scegliete quello che vorreste aver scelto nell'ora della morte. In quell'ora, ognuna che vede terminare la sua presenza nel mondo, dice: Oh mi fossi fatta santa! Oh avessi lasciato il mondo e mi fossi data a Dio! Ma allora quel ch'è fatto è fatto; altro non resta che spirare l'anima ed andare a sentir Gesù Cristo che dirà: Vieni, benedetta, a gioire con me per sempre; oppure: Vattene nell'inferno per sempre da me separata. A voi resta dunque di eleggere: o il mondo o Gesù Cristo. Se eleggete il mondo, sappiate che presto o tardi ve ne pentirete; quindi pensateci bene. Nel mondo son molte le donne che si perdono; nei monasteri quelle che si perdono sono rare. Voi raccomandatevi al crocifisso ed a Maria Santissima, affinché vi facciano eleggere il meglio per la vostra salvezza eterna. Se volete farvi religiosa, impegnatevi anche a farvi santa: perché se pensate di vivere nel monastero in maniera rilassata ed imperfetta, come vivono alcune monache, non serve l'entrarvi; poiché vi farete una vita infelice, ed infelice sarà anche la vostra morte. Se poi ripugnate di chiudervi in un monastero, io non posso consigliarvi lo stato matrimoniale; mentre s. Paolo a nessuno lo consiglia, fuorché in caso di mera necessità, la quale spero non esservi per voi; almeno restatevi in casa vostra ed ivi procurate di farvi santa. Per nove giorni vi chiedo di pregare Nostro Signor Gesù Cristo di darvi luce e forza per eleggere quello stato che per voi è migliore per salvarvi. Pregate anche la Madonna di ottenetevi questa grazia con la sua potente intercessione.




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giovedì 30 dicembre 2021

Segni vocazionali (sacerdozio cattolico)

Diversi ragazzi mi hanno chiesto quali sono i segni della vocazione sacerdotale. Visto che questo argomento interessa molti lettori, per poter dare una risposta soddisfacente, ho consultato il testo "Esortazioni al clero", pubblicato nel 1943 dalla casa editrice Civiltà Cattolica, e scritto da Padre Ottavio Marchetti, sacerdote della Compagnia di Gesù. Ecco una sintesi schematica. Affinché una vocazione sacerdotale sia considerata autentica sono necessarie quattro caratteristiche: doni di natura, doni di grazia, libera volontà, retta intenzione.

Doni di natura:
- dono della salute (che consenta di svolgere efficacemente il ministero sacerdotale);
- dono del buon carattere;
- dono dell'intelligenza.

Doni di grazia:
- pratica delle virtù acquisite: pietà, castità, disinteresse, zelo, spirito di disciplina ed ubbidienza.

Libera volontà:
- tendere al sacerdozio senza costrizioni da parte di qualcuno.

Retta intenzione:
- tendere al sacerdozio cattolico unicamente per consacrarsi al servizio di Dio e alla salvezza delle anime, avendo una soda pietà, una provata purezza di vita, e una scienza sufficiente.

Chi ha tutte queste caratteristiche mostra di avere segni della chiamata di Dio allo stato sacerdotale.




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mercoledì 29 dicembre 2021

Schema per fare un buon esame di coscienza (per anime amanti della vita devota)


Ogni tanto una mia amica mi scrive per chiedermi dei consigli spirituali.  


Caro D. [...] ti scrivo perché penso che tu possa veramente aiutarmi. Ti chiedo però di rispondermi con calma, quando potrai, non vorrei mai metterti fretta. È mio desiderio confessarmi una volta alla settimana come regola, ma dev'essere una confessione ben fatta. Perciò ho cercato qua e là, ma non ho trovato uno schema serio per l'esame di coscienza. Ora mi chiedo se tu forse puoi darmi qualche indicazione. Ti ringrazio come sempre di cuore. [...] Ciao!


Cara sorella in Cristo, 
ti ringrazio di cuore per la richiesta che mi hai fatto. Ormai lo sai bene che per me è una grande gioia fare qualcosa che va a vantaggio della tua anima, nella speranza di dare gusto a Gesù buono che ti ha tanto amato sin dall’eternità ed è giunto ad immolarsi sulla croce del Golgota per espiare anche i tuoi peccati. Sono davvero contento che desideri confessarti spesso, come raccomandato da Papa Pio XII, da Sant’Alfonso Maria de Liguori e da tanti altri autorevoli e dotti autori. In genere, quando una persona si confessa bene, sente un grande fervore di praticare le virtù cristiane, prega il Signore con maggiore carità, sente maggiore carità anche verso il prossimo, resiste più facilmente alle tentazioni, ed ottiene altri benefici spirituali. Purtroppo, i preti modernisti sconsigliano di confessarsi spesso, quindi ti conviene recarti da qualche confessore timorato di Dio e amante della vita devota.

Per rispondere alla tua richiesta di aiuto, ho preparato appositamente per te uno schema per fare un esame di coscienza adatto alle anime che sono attratte dalla vita devota. Onde evitare di essere troppo prolisso, ho evitato di riportare quei peccati che in genere le persone che praticano un’intensa vita interiore difficilmente commettono, ad esempio l’apostasia, il non andare a Messa nei giorni di precetto, l’omicidio, le rapine, l’incesto, la calunnia, e altri gravi peccati. Ho dato particolarmente risalto a quei peccati veniali (leggeri) che spesso vengono trascurati dai penitenti. Chi ama Dio e vuole praticare una vita davvero virtuosa cerca di evitare non solo le colpe gravi ma anche quelle veniali. Per esserti di maggiore aiuto, di fianco a ogni peccato ho segnalato se si tratta di materia grave o veniale, basandomi sugli scritti di autori di buona dottrina come Sant’Alfonso, Don Luigi Piscetta, Padre Eriberto Jone, Padre A. Chanson, e altri. Si tratta di un qualcosa che manca negli schemi che in genere si trovano in giro. Ovviamente non ho potuto elencare tutti i peccati possibili e immaginabili, oppure riportare tutta l’intera casistica per ogni tipo di peccato, altrimenti avrei dovuto scrivere un’enciclopedia, ma mi sono limitato a parlare di alcuni dei peccati tra quelli più comuni. Spero tanto che il lavoro che ho realizzato possa esserti di aiuto nel cammino di perfezione cristiana.


Schema per l’esame di coscienza per anime devote.

- Ho tralasciato di raccogliermi interiormente e di mettermi alla presenza di Dio prima di incominciare a pregare? (Veniale)

- Mi sono distratta volontariamente mentre recitavo le preghiere oppure mentre assistevo al Santo Sacrificio della Messa? (Veniale)

- Ho ricevuto la Comunione con poco fervore e profitto per l’anima a causa della negligenza con cui mi sono preparata a ricevere Gesù sacramentato? (Veniale)

- Ho accettato deliberatamente pensieri di superbia? (La “superbia perfetta”, cioè quando una persona giunge a considerarsi al di sopra di Dio, è peccato mortale, invece la “superbia imperfetta”, cioè quando una persona si limita solamente a nutrire uno sregolato desiderio di onore e ad amare in maniera esagerata la propria eccellenza, è peccato veniale, a meno che non giunge a far commettere qualche grave colpa nei confronti del prossimo)

- Quando mi sono capitate cose spiacevoli mi sono arrabbiata con Dio, ingiuriandolo o accusandolo di fare cose sbagliate? (Peccato grave)

- Faccio discorsi inutili, cioè che non giovano né a me né al prossimo? (Veniale)

- A volte faccio delle “opere buone”, non con l’intento di dare gusto a Dio, ma per vanagloria, cioè per fare bella figura ed essere stimata dalla gente? (Veniale)

- Mi impegno seriamente ad educare cristianamente la prole? (Si tratta di un obbligo gravissimo, pertanto i genitori che sono gravemente negligenti nell’educare i figli, facendoli crescere quasi come se Dio non ci fosse, peccano mortalmente)

- Nutro antipatia o addirittura odio nei confronti delle persone scortesi o di quelle che mi hanno fatto dei torti? (“Sentire” antipatia verso una persona non è peccato se non vi diamo il consenso della volontà, se invece vi diamo il consenso e si tratta di piccole antipatie, pecchiamo venialmente, mentre se proviamo odio grave, in questo caso pecchiamo mortalmente, ad esempio accettando deliberatamente il pensiero di desiderio che il prossimo venga colpito da qualche grave ed ingiusto male)

- Ogni tanto aiuto materialmente le opere pie (ad esempio le opere davvero cattoliche che svolgono apostolato) e le persone che si trovano in stato di bisogno? (Chi dona alle opere pie o ai bisognosi che si trovano in stato di necessità comune almeno il 2% di ciò che avanza alle spese necessarie per il mantenimento del proprio stato di vita e quello dei propri cari, non pecca; se dona meno del 2% pecca venialmente; se non vuole donare nulla a nessuno pecca gravemente, almeno secondo i teologi della sentenza più rigida. Non si è tenuti ad aiutare tutti coloro che si trovano in stato di necessità comune, è sufficiente aiutarne alcuni a nostra scelta. Per quanto riguarda i poveri che si trovano in stato di necessità estrema, cioè che rischiano di morire, grazie a Dio in Italia è rarissimo trovare qualcuno che si trovi in condizioni così disperate, quindi non sto ad elencarti tutta la casistica, anche perché su questo tema i teologi non sempre sono concordi)

- Ho esagerato nel bere o nel mangiare? (Per capire quando si pecca in questa materia ti faccio un esempio: bere un po’ di vino è una cosa buona, berne sino al punto da rimanere brilli è peccato veniale, berne sino al punto da ubriacarsi è peccato mortale; lo stesso discorso vale quando si mangia in maniera eccessiva, peccando in modo grave o veniale in base alla gravità delle conseguenze, se ci cibiamo sino al punto da star male o di nuocere alla salute)

- Ho detto delle bugie? (Le menzogne che fanno un grave danno al prossimo sono colpe gravi, le altre sono colpe veniali)

- Sopporto con pazienza le avversità oppure mi lascio prendere dall’impazienza? (Ordinariamente è un peccato veniale, tuttavia può diventare mortale se giunge a far trasgredire un grave precetto)

- Nella vita cristiana mi lascio dominare dall’accidia? (L’accidia è la pigrizia nel compiere opere virtuose, spesso fa commettere delle colpe solamente veniali, ad esempio quando induce una persona a saltare, per pigrizia spirituale, delle pratiche devozionali facoltative alle quali è abituato; ma se l’accidia giunge a non far compiere atti che obbligano gravemente in coscienza, ad esempio assistere alla Messa domenicale, trascina al peccato mortale)

- Quando vedo qualcuno comportarsi male mi lascio prendere dall’ira? (Quando una persona si adira in modo ragionevole per un torto subìto e auspica una giusta punizione del colpevole, non commette peccato; invece quando l’ira giunge a far accettare un disordinato trasporto dell’animo, in questo caso si commette un peccato veniale, tuttavia diventa colpa grave se la persona adirata giunge a tale eccesso da far pensare che abbia perso l’uso della ragione, oppure quando giunge a far desiderare disordinatamente qualcosa che è gravemente contraria alla carità e alla giustizia, ad esempio desiderare una punizione gravemente esagerata per il colpevole o addirittura per un innocente)

- Anche se da tanti anni non vivo più coi miei genitori, continuo ad interessarmi di loro e ad aiutarli quando hanno bisogno del mio sostegno? (Abbandonare a se stessi i genitori che si trovano in grave stato di necessità, pur avendo la possibilità di aiutarli, è una grave mancanza di pietà filiale da parte dei figli)

- Mi sono attaccata eccessivamente ai beni materiali? (In se stessa è una colpa veniale, tuttavia può essere causa di peccati mortali, ad esempio quando giunge al punto di far commettere furti in materia grave, omettere di aiutare il prossimo che sta letteralmente morendo di fame, considerare i soldi più importanti di Dio, eccetera).

- Ho creduto alle superstizioni? (Si tratta di materia grave, tuttavia alcuni autorevoli teologi ammettono la possibilità che il penitente possa peccare solo venialmente per ignoranza, semplicità, errore, o se considera la cosa più per scherzo che seriamente)

- Ho giudicato temerariamente il prossimo oppure ho avuto dei sospetti temerari nei suoi confronti? (Se c’è bastante fondamento per giudicare che il prossimo ha commesso un grave male, non si commette nessun peccato, mentre il giudizio diventa “temerario”, e peccato grave, quando senza sufficienti motivi giudichiamo che il prossimo abbia certamente commesso un grave male; da ciò, secondo Sant’Alfonso, si deduce che tali giudizi di solito non sono peccaminosi poiché spesso ci sono sufficienti motivi che fanno ritenere che il prossimo abbia commesso davvero quella colpa, oppure perché non sono giudizi, ma solo dei sospetti, i quali non giungono a peccato mortale se non quando si dubita, senza avere nessun indizio, che persone di buona fama siano colpevoli di colpe gravissime, mentre se c’è anche un minimo indizio non si commette nemmeno peccato veniale nel sospettare del prossimo)



Vari consigli per confessarsi bene.

I peccati mortali sono talmente gravi che ne basta solo uno per meritare l'inferno, se si muore senza essersi pentiti. Se una persona ha commesso solo peccati veniali e non si è pentita, non va all'inferno, ma in purgatorio, tuttavia è bene cercare di evitare anche queste colpe che pur non essendo gravi, indeboliscono l'anima e la predispongono al peccato mortale. 

È obbligatorio confessare solo i peccati certamente mortali, cioè le colpe gravi commesse con piena avvertenza dell’intelletto e deliberato e pieno consenso della volontà. Se una persona ha commesso una colpa grave, ma non è certa di aver avuto piena avvertenza e pieno consenso, non è obbligata a confessare quella colpa, anche se, per maggiore tranquillità di coscienza del penitente, è consigliabile confessarla, dicendo, ad esempio, che non si è certi di aver dato il pieno consenso della volontà a quel pensiero di odio grave (alle anime scrupolose è vivamente sconsigliato di confessare i peccati dubbi). Inoltre tutte le cose che avvengono durante il sonno o il dormiveglia non sono peccati mortali. È facoltativo confessare i peccati veniali (cioè colpe con materia leggera, oppure con materia grave ma commesse senza piena avvertenza o senza pieno consenso della volontà), tuttavia è bene confessarsi anche se si hanno solo colpe veniali, perché l'assoluzione purifica la coscienza, aiuta a resistere con maggior vigore alle tentazioni e accresce la grazia santificante.

È molto facile fare una buona Confessione; è sufficiente fare un esame di coscienza (bastano pochi minuti per chi si confessa spesso), pentirsi dei peccati commessi, avere il proposito di non peccare più, confessarli con sincerità al sacerdote, e infine eseguire la penitenza (se il confessore tralascia o si dimentica di dare la penitenza, la confessione è valida lo stesso, però, come insegna Sant'Alfonso, il prete si macchia di colpa, veniale o mortale in base alla gravità delle colpe confessate dal penitente, se ha deliberatamente omesso di assegnargli una penitenza).

Affinché la Confessione sia fruttuosa è necessario essere sinceramente pentiti dei peccati commessi, ma ciò è un dono di Dio, pertanto è importante pregare lo Spirito Santo e la Beata Vergine Maria per ottenere la grazia del pentimento per le colpe compiute. Per suscitare il dispiacere dei peccati commessi è molto utile riflettere al fatto che con le proprie colpe è stato offeso Dio che è infinitamente buono, ci ha tanto amato sin dall’eternità, ed è degno di essere amato sopra ogni cosa, inoltre i propri peccati hanno causato l'atroce Passione e Morte di Gesù Cristo. Chi si pente per questi motivi, significa che ha un dolore perfetto (contrizione del cuore). Invece il dolore è imperfetto (detto anche “attrizione”) quando è causato principalmente (non esclusivamente) dalla paura dell'inferno, o dal dispiacere di aver perso il paradiso, o dalla riflessione sulla bruttezza del peccato commesso. Affinché una Confessione sia valida è sufficiente avere un dolore imperfetto. In caso di imminente pericolo di morte, mancando un sacerdote, è possibile ricevere il perdono di tutti i peccati suscitando qualche pensiero di dolore perfetto. A tal fine è ottima cosa imparare a memoria e recitare spesso l'Atto di dolore. 

È necessario essere sinceramente pentiti di tutti i peccati mortali compiuti, altrimenti l’assoluzione è nulla (e anche sacrilega, se il penitente è consapevole di non essere pentito). Se ti confessi solo di peccati veniali, affinché l’assoluzione sia valida è necessario essere sinceramente pentita almeno di uno di loro, tuttavia conviene suscitare il dolore di tutte le colpe veniali, poiché in questo modo si ottengono maggiori benefici spirituali. È lecito confessare dei peccati, mortali o veniali, già confessati in passato. 

Per scriverti questa lettera ho impiegato diverse ore (per poter fornirti informazioni precise sono andato a rivedere vari manuali di Teologia Morale), ma l’ho fatto molto volentieri, poiché voglio che la tua anima avanzi sempre di più nel cammino di perfezione cristiana e, soprattutto, spero in questo modo di aver dato gusto a Dio. Se in futuro avrai altri consigli da chiedermi, non esitare a scrivermi ancora, sarò molto felice di fare qualcosa per il tuo bene spirituale.

Rinnovandoti la mia amicizia e la mia stima, ti saluto cordialmente nei Cuori di Gesù e Maria.

Cordialiter




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martedì 28 dicembre 2021

Conversare familiarmente con Dio

Tempo fa una ragazza mi confidò di dialogare con Gesù e Maria. Ripubblico la risposta che le diedi.

Carissima in Cristo,
                               mi è piaciuto molto leggere la descrizione fatta con semplicità e schiettezza del modo colloquiale con cui dialoghi con Dio. Ciò che fai non è una cosa da matti, anzi! Sant'Alfonso Maria de Liguori scrisse un opuscolo intitolato “Modo di conversare continuamente ed alla familiare con Dio”, nel quale spiega che trattare col Signore con gran confidenza e familiarità non è affatto un mancare di rispetto alla sua maestà infinita. Secondo questo grande Dottore della Chiesa bisogna rivolgersi a Dio con l'amore più tenero e confidente che sia possibile, poiché Egli gioisce quando una sua creatura si rivolge a Lui con quella confidenza, libertà e tenerezza con cui i bimbi si rivolgono alle loro mamme.

Dunque continua pure a dialogare “da cuore a cuore” con Gesù e Maria, e intanto frammezza i tuoi dialoghi con brevi e intese frasi d'amore che saranno come frecce infuocate che vi lancerete reciprocamente. In questo modo ti infiammerai d'amore per il Redentore, mentre Lui già arde d'amore per te fin dall'eternità. Il mondo non esisteva, tu non esistevi, ma Egli già pensava a te e ti amava ardentemente come se tu fossi l'unica persona che avrebbe creato. Quindi ognuno di noi può e deve dire di Gesù (soprattutto quando si riceve devotamente l'Eucaristia), quel che diceva la sposa del Cantico dei Cantici: Dilectus meus mihi et ego illi (Cant. II, 16), il mio amato Dio s'è dato tutto a me e io tutto a Lui mi dono.

Spero che anche altri lettori del blog possano imitare il tuo modo di pregare, prendendo l'abitudine di parlare a Dio da cuore a cuore, familiarmente e con confidenza ed amore come ad un amico, il più amorevole di tutti.

Alcuni domanderanno: ma di quali temi possiamo trattare con Dio? Raccontategli dei vostri affari, dei vostri progetti, delle vostre pene, dei vostri timori e di tutto quello che vi riguarda. Come ho già detto, fatelo con confidenza e col cuore “aperto”, cioè senza soggezione. Potete parlare con Dio ovunque vi troviate, poiché Egli è onnipresente. Dunque, non dimenticatevi mai della sua dolce presenza, come purtroppo fa la maggior parte degli uomini. Parlategli quanto più spesso potete; se voi lo amate, non vi mancheranno cose da dirgli. Il nostro Dio si compiace di abbassarsi a trattare con noi, e gode che noi gli comunichiamo le nostre occupazioni più semplici. Egli ci ama tanto ed ha tanta cura di ciascuno di noi. Dobbiamo avere la confidenza di raccomandargli non solamente le nostre necessità, ma anche quelle degli altri. Piacerà tanto al nostro Dio, che noi, dimenticando alle volte i nostri interessi, gli parliamo dei vantaggi della sua gloria, delle sofferenze altrui, specialmente degli ammalati e dei poveri, delle anime del purgatorio che sospirano la sua visione beatifica, e degli scellerati peccatori che vivono privi della sua grazia.

Se vogliamo compiacere il Cuore amante del nostro Dio, dobbiamo cercare quanto più spesso possiamo di parlare con Lui continuamente e con tutta la confidenza possibile, e Lui non sdegnerà di risponderci. Non si farà sentire con voci sensibili alle orecchie, ma con voci bene intelligibili al nostro cuore, allorché ci staccheremo dalla conversazione delle creature per trattenerci a parlare da solo a solo col nostro Dio. Egli ci parlerà con quelle ispirazioni, con quei lumi interni, con quei tocchi soavi al cuore, con quei segni di perdono, con quei saggi di pace, con quella speranza del paradiso, con quei giubili interni, con quelle dolcezze della sua grazia, con quegli abbracci e strette amorose; insomma ci parlerà con quelle voci d'amore che ben le intendono le anime che egli ama e che non cercano altro che Dio. Su questa terra la Santissima Trinità sia l'unica nostra felicità, l'unico oggetto dei nostri affetti, l'unico fine di tutte le nostre azioni e desideri, fintanto che giungeremo nella Patria Celeste, dove finalmente potremo contemplare da faccia a faccia Colui che abbiamo tanto desiderato d'amare durante il pellegrinaggio terreno.




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lunedì 27 dicembre 2021

Lettera aperta a un ragazzo in discernimento vocazionale

Riporto il testo di una interessante lettera intitolata “Risposta ad un giovane che dimanda consiglio circa lo stato di vita che deve eleggere”, che Sant'Alfonso Maria de Liguori scrisse ad un giovane in discernimento vocazionale. Preciso solamente che per agevolare la lettura ho eseguito qualche breve taglio e alcuni piccoli ritocchi.


Leggo nella vostra lettera che v.s. da più tempo si sente ispirato da Dio a farsi religioso, ma che poi vi son nati nella mente molti dubbi, e specialmente quello che senza farvi religioso anche nel mondo potreste farvi santo. Rispondo in breve a questa vostra, perché se ne desideraste una scrittura più lunga, potreste leggere un mio opuscoletto già dato alle stampe intitolato, Avvisi spettanti alla vocazione religiosa, ove distesamente ho trattato di questa materia. Dico dunque solamente qui in breve che questo punto dell'elezione dello stato è sommamente importante, perché da esso dipende la salvezza eterna. Chi elegge lo stato a cui Iddio lo chiama, facilmente si salverà; e chi non ubbidisce alla divina vocazione, difficilmente, anzi sarà moralmente impossibile che si salvi. La massima parte di coloro che si son dannati, si son dannati per non aver corrisposto alle chiamate di Dio.

Affinché pertanto possa eleggere quello stato che gli sarà più sicuro per acquistare la vita eterna, la quale per noi importa tutto, consideri che l'anima sua è eterna, e l'unico fine per cui l'ha posto Dio in questo mondo certamente non è stato affinché si acquisti robe ed onori su questa terra, e così faccia una vita comoda e deliziosa; ma è stato affinché con le sante virtù si meriti la vita eterna: Finem vero vitam aeternam. Nel giorno del giudizio a nulla vi gioverà l'avere avanzata la casa e l'aver fatta la vostra figura nel mondo; solo vi gioverà l'aver servito ed amato Gesù Cristo che vi ha da giudicare.

Vi dice il pensiero che anche restando nel mondo potreste farvi santo. Sissignore, potreste, ma è difficile; e se voi siete stato veramente chiamato da Dio allo stato religioso, e volete restare nel secolo, come di sovra ho detto, è moralmente impossibile; perché vi mancheranno quegli aiuti che Dio vi aveva preparati nella religione, e privo di quelli non vi salverete. Uno per farsi santo bisogna che adoperi i mezzi [spirituali], la lontananza dalle occasioni cattive, il distacco dai beni di terra, la vita raccolta con Dio: per mantener la quale vi bisogna poi la frequenza dei sacramenti e l'uso quotidiano dell'orazione mentale, della lezione spirituale e di altri esercizi devoti, senza cui non può conservarsi lo spirito. Or tutte queste cose è difficile, per non dire impossibile, esercitarle in mezzo ai rumori e disturbi del mondo. Le faccende della famiglia, i bisogni della casa, le lagnanze dei parenti, le liti, le persecuzioni, di cui abbonda il mondo, vi terranno così occupata la mente di pensieri e di timori, che appena, e distrattamente, la sera potrete raccomandarvi a Dio. Vorreste far orazione, leggere un libro spirituale, comunicarvi spesso, visitare ogni giorno il Sacramento dell'altare; ma tutto vi sarà impedito dagli affari del mondo, e quel poco che farete, tutto sarà imperfetto, perché fatto in mezzo a mille distrazioni e freddezze di spirito. Quindi sarà sempre inquieta la vostra vita e più inquieta sarà la vostra morte. Da una parte non mancheranno gli amici del mondo di mettervi in timore di abbracciar la vita religiosa, come dura e tormentosa. Dall'altra parte il mondo vi offrirà spassi, robe ed una vita contenta; badate bene e non vi fate ingannare. Siate persuaso che il mondo è un traditore che promette e non mantiene. Esso vi offre tutti questi beni terreni; ma ancorché ve li desse, potrà mai darvi la pace dell'anima? No, solo Dio può darvi la vera pace. L'anima è creata solo per Dio, per amarlo in questa vita e goderlo nell'altra; e perciò solo Dio può contentarla. Tutte le delizie e ricchezze della terra non possono dare la vera pace, anzi chi più abbonda di tali beni in questa vita, vive più tribolato ed afflitto, come confessava Salomone che ne abbondava: Universa (diceva) vanitas, et afflictio spiritus.

Se il mondo contentasse coi beni terreni, i ricchi, i magnati ed i monarchi, a cui non mancano né danari né onori né spassi, sarebbero pienamente contenti; ma l'esperienza fa vedere che per tali grandi della terra, quanto maggiori sono le loro grandezze, tanto maggiori sono le angustie, i timori e le afflizioni che provano. Starà più contento un povero frate che va cinto con una fune su di un sacco, e che si ciba di quattro fave, e dorme in una celletta sulla paglia, che non vive contento un principe con tutte le sue vesti d'oro e ricchezze che possiede; ogni giorno egli avrà una mensa imbandita, la sera si metterà in un morbido letto sotto un ricco padiglione, ma non potrà dormire, per le angustie che gli rubano il sonno. Pazzo chi ama il mondo e non ama Dio! diceva s. Filippo Neri. E se questi mondani fanno una vita tribolata, più tribolata sarà la loro morte; quando gli sarà intimato lo sfratto da questo mondo dal sacerdote assistente che dirà loro: Proficiscere, anima christiana, de hoc mundo: abbracciatevi col crocifisso, perché è finito il mondo per voi. Il male è che nel mondo poco si pensa a Dio e poco si pensa all'altra vita dove dovremo stare in eterno. Tutti i pensieri o quasi tutti, si applicano alle cose della terra e quindi avviene che riesce infelice la vita e più infelice la morte. Pertanto, affinché voi possiate accertare l'elezione del vostro stato, mettetevi davanti gli occhi il punto della morte, e scegliete quello stato che vorreste allora avere eletto. Allora non sarà più tempo di rimediare all'errore, se mai aveste errato, posponendo la divina vocazione al vostro desiderio di vivere con più libertà. Considerate che ogni cosa di quaggiù finisce: Praeterit figura huius mundi; dovrà finire per ognuno di noi la scena di questo mondo. Ogni cosa passa, e la morte si avvicina; e noi, quanti passi diamo, tanto ci accostiamo alla morte, e dalla morte all'eternità; a questo siamo nati: Ibit homo in domum aeternitatis suae. Quando meno ce l'immaginiamo ci verrà la morte. Oimè! trovandoci allora vicini a morire, che altro ci parranno tutti i beni di questa terra, se non beni di scena, vanità, bugie e pazzie? Che servirà allora dunque, ci avvisa Gesù Cristo, l'avere acquistato tutto il mondo, se avremo perduta l'anima? Quid prodest homini, si mundum universum lucretur, animae vero suae detrimentum patiatur? Ad altro non servirà se non per fare una morte infelice dopo una vita infelice.

Al contrario, un giovane che ha lasciato il mondo per darsi tutto a Gesù Cristo, quanto si vedrà contento, vivendo i suoi giorni in una cella solitaria, lontano dai tumulti e dai pericoli frequenti che vi sono nel mondo di perdere Dio! Nel monastero non avrà divertimenti di musiche, di commedie e di balli; ma avrà Dio che lo ricrea, e gli fa goder la pace: dico quella pace che può aversi in questa valle di lacrime, dove ognuno è posto a patire, e con la santa pazienza a guadagnarsi quella piena pace che gli sta preparata in paradiso. Ma in mezzo alla sua vita lontana dagli spassi del mondo, un'occhiata amorosa che da quando in quando darà al crocifisso, [...] un sospiro d'amore [per Dio], lo consolerà più che tutti i passatempi e festini del secolo, che tutti poi lasciano la bocca amara. E se vivrà contento in questa vita, più contento si troverà in morte di aver eletto lo stato religioso. Quanto si consolerà allora di avere spesi i suoi anni in orazioni, lezioni spirituali, mortificazioni e altri esercizi devoti, e specialmente se nella religione si sarà impiegato a salvare anime con le prediche e con sentire le confessioni! tutte cose che in morte gli accresceranno la confidenza in Gesù Cristo, il quale è ben grato e liberale nel premiare coloro che si sono affaticati per la sua gloria. Veniamo alla conclusione della vostra elezione. Giacché il Signore vi ha chiamato a lasciare il mondo, ed esser tutto suo nella religione, vi dico: Rallegratevi e tremate. Rallegratevi da una parte, ringraziatene sempre il Signore perché l'esser chiamato da Dio a vita perfetta è una grazia che Dio non dispensa a tutti: Non fecit taliter omni nationi. Inoltre tremate, perché se non ubbidite alla chiamata divina, voi mettete in gran pericolo la vostra salute eterna. Non ho luogo qui di narrarvi molti esempi di giovani che per non far conto della vocazione hanno fatto una vita miserabile ed una morte orribile. Tenete per certo che voi, accertata la vocazione che avete avuta, se restate nel mondo non avrete più pace; e molto inquieta sarà la vostra morte per il rimorso che allora vi tormenterà di non avere ubbidito a Dio che vi ha chiamato allo stato religioso. Sul finire della vostra lettera volete sapere da me se nel caso che non aveste lo spirito di entrare in religione, sarebbe meglio l'ammogliarvi, come vogliono i parenti, oppure farvi sacerdote secolare. Rispondo: Lo stato coniugale io non posso consigliarvelo, mentre s. Paolo non lo consiglia ad alcuno, se non quando vi fosse la necessità per causa d'una abituale incontinenza, la quale necessità tengo per certo che non vi sia per voi. In quanto poi allo stato di sacerdote secolare, sappiate che il sacerdote secolare ha l'obbligo di sacerdote e le distrazioni e i pericoli dei secolari; poiché vivendo in mezzo al mondo non può evitare i disturbi della casa propria e dei parenti, e non può essere esente dai pericoli dell'anima; avrà le tentazioni nella stessa sua casa, non potendo impedire che in quella non vi siano donne o parenti o serve, e che non vi entrino altre forestiere. Dovreste ivi starvene ritirato in una camera a parte, e non occuparvi ad altro che alle cose divine. Ma ciò è molto difficile a porlo in pratica, e perciò rari rarissimi sono quei sacerdoti che in casa propria si dedicano alla perfezione. Al contrario, entrando in un monastero di osservanza, sarete libero dagli incomodi del pensare al vitto ed alle vesti, perché ivi di tutto vi provvederà la religione; ivi non avrete i parenti che continuamente vi inquietano coi disturbi che succedono in casa; ivi non entrano donne che intorbidano la mente; e così lontano dai rumori del mondo non avrete chi vi impedisca le vostre orazioni e il vostro raccoglimento. Ho detto monastero di osservanza, perché se voleste entrare in qualche altro, dove si vive alla larga, è meglio che restiate a casa vostra, e vi dedichiate ivi a salvarvi l'anima come meglio potrete; poiché, entrando in una comunità ove è rilassato lo spirito, vi metterete in pericolo di perdervi. Quantunque vi entraste con risoluzione di dedicarvi all'orazione e di pensare solo a Dio; ciò nonostante, trascinato dai cattivi esempi dei compagni, e vedendovi inoltre deriso ed anche perseguitato, se non vorrete vivere a modo loro, lascerete tutte le vostre devozioni e farete come fanno gli altri, secondo l'esperienza che se ne vede. Se poi Iddio si degna di concedervi la grazia della vocazione, state attento a conservarvela con raccomandarvi spesso a Gesù ed a Maria con le sante preghiere; e sappiate che se risolvete di darvi tutto a Dio, il demonio da qui in avanti accrescerà i suoi sforzi nel tentarvi per farvi cadere in peccato, e specialmente per farvi perdere la vocazione. Resto con riverirvi, e prego il Signore che vi faccia tutto suo.




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domenica 26 dicembre 2021

Chi ama Gesù ama la dolcezza

Lo spirito di dolcezza è proprio di Dio. L'anima che ama Dio ama anche tutti coloro che sono amati da Dio, pertanto cerca volentieri di soccorrere, consolare e contentare tutti, per quanto gli è possibile. Dice San Francesco di Sales: “L'umile dolcezza è la virtù delle virtù che Dio tanto ci ha raccomandato; perciò bisogna praticarla sempre e dappertutto.”

Questa dolcezza bisogna praticarla specialmente coi poveri, i quali ordinariamente, poiché son poveri, son trattati aspramente dagli uomini. Bisogna praticarla particolarmente anche con le persone ammalate, le quali si trovano afflitte dall'infermità, e per lo più sono poco assistite dagli altri. In maniera speciale bisogna adoperare la dolcezza nei confronti dei nemici. Vince in bono malum (Rom. XII, 21). Bisogna vincer l'odio con l'amore, e la persecuzione con la dolcezza; così han fatto i santi.

Non vi è cosa che tanto edifichi il prossimo, quanto la caritatevole benignità nel trattare. I santi ordinariamente avevano il sorriso sulle labbra e il loro volto spirava benignità, accompagnata dalle parole e dai gesti.

Il superiore deve usare tutta la benignità possibile con i suoi subordinati. Diceva San Vincenzo de' Paoli che per i superiori non vi è modo migliore per esser ubbiditi che utilizzando la dolcezza. Anche nel riprendere i difetti, il superiore deve utilizzare parole benigne. Un conto è il riprendere con fortezza, altro conto il riprendere con asprezza; bisogna talvolta riprendere con fortezza, quando il difetto è grave, e specialmente quando il colpevole è recidivo, ma bisogna evitare di avere asprezza ed ira, perché chi riprende con ira fa più danno che profitto. Se mai in qualche caso raro bisognasse dire qualche parola aspra per indurre il prossimo a comprendere la gravità del suo difetto, tuttavia bisogna sempre lasciarlo con la “bocca dolce”, con qualche parola benigna. E quando capita che la persona che necessita di esser corretta è adirata, bisogna tralasciare momentaneamente la riprensione ed aspettare che cessi la sua collera, altrimenti la si provocherebbe a sdegnarsi maggiormente.

Oh quanto si ottiene più con la dolcezza che con l'asprezza! L'affabilità, l'amore e l'umiltà catturano i cuori delle persone.




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sabato 25 dicembre 2021

Discorso familiare ad una fanciulla che prende l'abito di monaca

Riporto alcuni brani di un interessante scritto di Sant'Alfonso Maria de Liguori intitolato "Discorso familiare ad una fanciulla che prende l'abito di monaca". Preciso solamente che per agevolare la lettura ho tradotto i termini desueti e ho eseguito alcuni piccoli ritocchi. Ne consiglio la lettura a tutte quelle ragazze che sono indecise sullo stato di vita da eleggere.

Devota donzella, di questa giornata in cui avete la sorte di sposarvi con Gesù Cristo, dovete avere una continua memoria per ringraziarlo sempre di questo favore così grande. Non pensate che Gesù Cristo debba esservi debitore perché voi lasciate il mondo per suo amore; siete voi che dovete conservargli una gratitudine eterna, per la grazia che egli vi fa di chiamarvi a lasciare il mondo.

Voi oggi lasciate il mondo: credete forse di lasciare qualche gran cosa? Che cosa è mai questo mondo? terra di spine, di lacrime e di dolori. Promette grandi cose il mondo ai suoi seguaci; spassi, gioie e pace: ma tutto poi si riduce ad inganni, amarezze e vanità. Le stesse ricchezze, onori e spassi mondani diventano alla fine pena e lutto: Extrema gaudii luctus occupat. E Dio faccia che per tanti accecati che amano il mondo questo lutto non diventi eterno; poiché in mezzo al mondo i pericoli sono molti, sono grandi e sono inevitabili, di perdere l'anima, il paradiso e Dio.

Povere quelle fanciulle che, ingannate dalle false promesse del mondo, lasciano Gesù Cristo e vanno al secolo! Sperano di trovare ivi piaceri e gioie, ma povere! dico, perché poi non vi trovano altro che fiele e spine, come dimostra l'esperienza. [...] Domandate, domandate a tutte le maritate, se ne trovate una contenta. Io per conto mio, a quante l'ho domandato, tutte le ho trovate scontente e piene di guai. Al contrario domandate a quelle monache che han lasciato il mondo per Dio e non vogliono altro che Dio, se vivono contente del loro stato; e vi risponderanno che ringraziano sempre il Signore di averle ritirate dal mondo.

[…] Insomma, se voi foste rimasta nel mondo, quale altro sposo più grande potevate sperare che un cavaliere, un titolato, un monarca di qualche regno? Ma ora prendete per sposo il re del cielo e di tutti i regni della terra. Quante vergini sante hanno rinunziato alle nozze dei primi signori della terra per essere spose di Gesù Cristo!

[…] Lasciate, figliuola mia, lasciate a quelle giovani che amano il mondo tutti i loro spassi, vanità, belle vesti, commedie, banchetti e festini, e godetevi voi Gesù Cristo. Egli nella vostra cella vi terrà più contenta che tutti i piaceri, gli sfarzi e le ricchezze che possiedono le regine della terra. Ivi nella vostra solitaria cella godrete un paradiso ed una continua pace. Se amate Gesù Cristo, amerete la solitudine che troverete nella vostra cella. In essa il vostro crocifisso sposo vi parlerà familiarmente al cuore; da quella croce vi manderà raggi di luce alla mente e saette infiammate di santo amore al cuore. E voi da sola a solo nella vostra cella gli paleserete l'affetto che gli portate, gli farete continuamente offerte di voi stessa e di tutte le cose vostre; gli chiederete le grazie di cui avete bisogno; gli comunicherete le vostre angustie, i timori che vi affliggono; ed egli vi consolerà. Non dubitate che lo sposo divino vi consolerà sempre in vita e maggiormente poi vi consolerà nell'ora della morte […].

Ho detto che le religiose che si son date tutte a Dio godono una continua pace; ciò s'intende di quella pace che può godersi in questa terra, che si chiama valle di lacrime. In cielo Dio ci prepara la pace perfetta e piena, esente da ogni travaglio. Questa terra al contrario è luogo per noi di meriti; e perciò è luogo di patimenti, ove col patire si acquistano le gioie del paradiso.

Tanto più che lo sposo che voi, donzella, questa mattina vi prendete, sebbene è il più nobile, il più ricco, il più grande che potete avere, nondimeno si chiama ed è sposo di sangue […] il quale ha sparso tutto il sangue a causa di flagelli, di spine e di chiodi, per salvare l'anima vostra e di tutti gli uomini. Ecco che vi va innanzi l'amante Gesù e vi chiama a seguirlo da sposa. Miratelo dunque come va: non va coronato di fiori, ma di spine; non va vestito di oro e di gemme, ma di sangue e di piaghe: guardate poi il trono regale ove giace, il quale non è che una dura croce, dove agonizza e dove in un mar di dolori e di ignominie muore per vostro amore.

[…] Vi prego poi, per quando avrete preso il santo abito, a rinnovare ogni giorno la promessa che avete fatta a Gesù Cristo di essere fedele. L'amore e la fedeltà sono i pregi primari di una sposa. A questo fine sappiate che poi vi sarà dato l'anello, in segno della fedeltà che dovete osservare del vostro amore che avete promesso a Gesù Cristo. Ma per esser fedele non vi fidate della vostra promessa; è necessario che sempre preghiate Gesù Cristo e la sua santa Madre che vi ottengano la santa perseveranza; e procurate di avere una gran confidenza nell'intercessione di Maria che si chiama la madre della perseveranza. E se vi sentirete raffreddata nel divino amore e tirata ad amare qualche oggetto che non è Dio, ricordatevi di quest'altro mio avvertimento; allora, affinché non vi abbandoniate alla tiepidezza o all'affetto delle cose terrene, dite così a voi stessa: E perché mai ho lasciato il mondo, la mia casa ed i miei parenti? forse per dannarmi? Questo pensiero rinvigoriva s. Bernardo a riprendere la via della perfezione quando si sentiva intiepidito […]. Ma bisogna che io termini di parlare, mentre me lo comanda il vostro sposo, che ha premura di vedervi presto entrata nella sua casa. Ecco, mirate da qui con quanto giubilo vi aspetta e uditelo con quanto affetto vi chiama, affinché presto entriate in questo suo palazzo regale, quale appunto è questo monastero. Andate dunque ed entrate allegramente, mentre l'accoglienza che stamattina vi sarà fatta dal vostro sposo, nel ricevervi in questa sua casa, vi è come una caparra dell'accoglienza ch'egli vi farà in vostra morte quando vi riceverà nel suo regno del paradiso.




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venerdì 24 dicembre 2021

Perché amo la Messa in latino in rito antico

Diversi anni fa una signora mi ha confidato che preferisce assistere alla Messa tradizionale nonostante la lunga distanza che deve percorrere...


Caro D., 
                come stai? 

[...] Seguo regolarmente il tuo blog e spesso vi trovo spunti su cui riflettere. [...] Ringrazio Dio di avermi condotto, dopo tanti anni, a riscoprire il tesoro della fede cattolica nel solco della Tradizione, anche se devo riconoscere di non essere mai stata tanto distante e che i disagi che avvertivo nell'ambiente circostante (parrocchiale o altro) erano dovuti alle tante stranezze che si producono [...] rispetto alla sana e semplice fede trasmessaci dal Magistero perenne. 

Da alcuni mesi partecipo quasi sempre (intendo la domenica, sai che fortuna se fosse anche durante la settimana!) alla messa in rito antico: che grazia! Davvero la si segue senza fatica e se ne esce arricchiti. Mi aiutano molto anche i momenti di silenzio che ci sono. Non è la stessa cosa di una messa Novus Ordo, pur se celebrata bene con il migliore dei sacerdoti. Spero di continuare ad avere la possibilità di parteciparvi; infatti devo percorrere un certo numero di chilometri, tuttavia non è questo l'ostacolo maggiore. 

Per il resto, che dire? Ho il cuore dolorante per la situazione della Chiesa. Quasi non passa giorno che non ci sia una “novità” (penso tu capisca cosa voglio dire con il termine “novità”, l'ho usato per essere chiara e concisa). Andiamo avanti: vediamo fino a dove si spingono, tanto ormai non c'è neppure alcun pudore di mascherare almeno il tradimento. Da parte mia cerco di pregare, di offrire le mie azioni e gli eventuali dolori e, dove e posso fare qualcosa di concreto, farlo. Soprattutto cerco di non perdere la fiducia in Lui, sapendo che alla fine Lui vincerà. Negli ultimi giorni ho letto una frase di S. Giovanna D'Arco, che diceva più o meno: a noi tocca combattere, la vittoria viene da Dio. 

[...] 

Un caro saluto in Gesù e Maria, 

(Lettera firmata)



Cara sorella in Cristo,
                                            comprendo bene il tuo amore per la Messa in rito antico. Contrariamente a quello che pensano molti nostri persecutori modernisti, noi non seguiamo la liturgia tradizionale per fare la parte degli snob che pregano in latino. Noi, spesso a costo di molti sacrifici, seguiamo il Vetus Ordo Missae perché lo viviamo in maniera più intensa e profonda, siamo attratti dall'affascinante sacralità del rito e percepiamo fortemente l'essenza sacrificale della Messa nella quale si rinnova il Santo Sacrificio del Redentore Divino. Insomma alla Messa tridentina vi partecipiamo in maniera attenta e devota, nutrendo in maniera abbonante la nostra anima. Invece alla Messa in rito moderno, anche se celebrata con devozione e senza abusi liturgici, ci distraiamo molto più facilmente e le nostre anime non si sentono molto edificate come quando assistono al rito tradizionale. Purtroppo, non tutti riescono a capire le nostre aspirazioni liturgiche e spirituali. Personalmente sono convinto che la Messa tridentina sia particolarmente adatta alle anime contemplative e in generale a coloro che praticano un'intensa vita spirituale. Per esempio,  durante il Canone Romano (la preghiera di Consacrazione che nel rito antico viene pronunciata sottovoce dal sacerdote), in quell'apparente silenzio, mentre una persona spirituale si immerge nell'orazione mentale e offre in oblazione alla Santissima Trinità il Santo Sacrificio di Cristo, invece un'anima “poco spirituale” non sa che fare in quei momenti, si distrae facilmente e si annoia certamente, desiderando di poter tornare al più presto alla Messa in rito moderno, nella quale è molto facile avere la tentazione di assistere passivamente alla Consacrazione, limitandosi ad ascoltare quel che dice il prete a voce alta, e quindi senza fare attivamente nel proprio cuore degli atti di adorazione, oblazione, impetrazione, carità perfetta, ecc.

Per quanto riguarda la situazione ecclesiale, il mio cuore è in lacrime al pensiero della strage di anime che l'eresia modernista sta compiendo tra i cattolici. Noi ormai siamo vaccinati contro gli errori in campo dogmatico e morale diffusi a piene mani dai modernisti, ma in giro c'è tanta gente ingenua che non ha mai letto manuali teologici scritti da autori fedeli al Magistero perenne della Chiesa, e pertanto si lascia abbindolare dai “comunistelli di sacrestia” (come li chiamava il grande Cardinale Alfredo Ottaviani), i quali insegnano errori nefasti che trascinano le anime all'inferno. Ecco alcuni esempi di stupidaggini che diffondono tra la gente:

-) prima del matrimonio i fidanzati fanno bene ad andare a convivere per alcuni mesi per poter conoscersi meglio;

-) l'uso degli anticoncezionali è moralmente lecito;

-) gli omosessuali possono convivere “more uxorio” (cioè nel modo dei coniugi) purché rimangano fedeli al partner;

-) le unioni omosessuali “more uxorio” conducono alla santità;

-) i divorziati risposati possono ricevere l'assoluzione sacramentale e ricevere la Comunione anche se non sono pentiti di aver commesso adulterio e non hanno il fermo proposito di non peccare più in avvenire;

-) ormai la società è cambiata, pertanto i rapporti prematrimoniali non dovremmo più considerarli peccati mortali;

-) non è necessario confessare i propri peccati, poiché tanto Dio li conosce già;

-) non bisogna battezzare i bambini piccoli, ma solo gli adulti, o al massimo i ragazzini che hanno già l'uso della ragione;

-) non c'è nulla di male nell'usare abiti osceni che inducono il prossimo a commettere peccati mortali accettando deliberatamente pensieri impuri;

-) i dogmi di fede definiti dal Concilio di Trento possono essere messi in discussione perché ormai sono passati tanti anni;

-) anche se la Chiesa Cattolica col Concilio di Trento insegna infallibilmente che anche in un frammento di Ostia consacrata è davvero presente Cristo con tutto il corpo, sangue, anima e divinità, noi non dobbiamo preoccuparci se per colpevole negligenza qualche frammento cade per terra al momento della distribuzione della Comunione;

-) ogni cristiano deve essere lasciato libero di credere ai dogmi che gli piacciono e di rifiutare i dogmi che non gli stanno simpatici.

Questi che ho elencato sono solo alcuni dei gravi errori che circolano tra i fedeli. Però, mentre i fedeli “vaccinati” contro l'eresia sanno che devono rifiutare gli errori, invece i fedeli “non vaccinati” contro l'eresia spesso si lasciano ingannare perché coloro che glieli insegnano sono “teologi” (il Cardinale Ottaviani li definiva “teologastri”). 

La situazione ecclesiale è semplicemente drammatica. Tuttavia, dobbiamo continuare a credere fermamente che il Signore non permetterà agli inferi di prevalere sulla Chiesa Cattolica, che alla fine riuscirà a trionfare, come del resto è sempre avvenuto in passato contro tutti gli altri nemici (arianesimo, pelagianesimo, donatismo, iconoclastia, luteranesimo, calvinismo, giansenismo, regalismo, giacobinismo, marxismo, eccetera). Passano i pericoli per il Corpo Mistico di Cristo, ma la vittoria rimane! Sempre!

Non so quando, ma prima o poi anche il modernismo verrà sconfitto. È già accaduto nella storia che il popolo di Dio sembrava sul punto di soccombere, ma poi è intervenuta la Santissima Trinità a sbaragliare gli avversari e a far vincere i suoi seguaci. Dunque, anche se sembra che la Chiesa sia quasi sul punto di soccombere, dobbiamo essere incrollabilmente certi che alla fine trionferà. Ancora una volta la Beata Vergine Maria, Colei che ha sconfitto tutte le eresie, è la Condottiera che porterà la Chiesa Militante alla vittoria!

Ti saluto cordialmente in Cordibus Iesu et Mariae,

Cordialiter




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giovedì 23 dicembre 2021

Salvare la vocazione

Non bisogna respingere la vocazione. A tal proposito ripubblico la lettera di una ragazza che con le lacrime agli occhi ha voluto lanciare un accorato appello...

Caro fratello in Cristo, le scrivo affinché la mia testimonianza possa servire a tutte quelle ragazze che si sentono chiamate alla vita religiosa. Sono una ragazza di vent'anni, e pur avendo una giovane età, l'ho vissuta molto intensamente [...]. A soli dodici anni ho iniziato quasi per caso a frequentare un ordine di stretta osservanza, il quale mi ha portato ad amare Cristo e la sua Chiesa in maniera smisurata. Da piccola ho sempre pensato che un giorno mi sarei donata a Cristo [...] presso quella che definivo la mia vera casa, ossia qualche convento del mio amato ordine, ma essendo minorenne e non riuscendo ad ottenere il permesso dai miei genitori di poter entrare in convento, ho atteso il giorno del mio diciottesimo compleanno con ansia e trepidazione, e mentre tutti si accingevano a preparare il mio compleanno, io in gran segreto preparavo la mia anima per donarmi al mio amato Sposo. Dopo qualche mese dal mio compleanno partii dicendo ai miei genitori che quello sarebbe stato un ritiro non come gli altri e che prima o poi sarei tornata, forse qualche mese o due ...iniziai il mio cammino sotto la guida di monache sante, fedeli all'ordine e alla regola, persone che donerebbero la vita pur di restare fedeli alla loro professione. Avevo una gioia che mi veniva da dentro e che nessuno mai, pensavo, mi avrebbe potuto togliere. Certo le difficoltà ci sarebbero state, ma quelle ci sono anche nell'amore tra due creature. Ben presto i miei genitori si resero conto che quello sarebbe stato un ritiro senza ritorno e molto addolorati vennero a trovarmi disperati e con gli occhi pieni di lacrime mi supplicarono di tornare […]. Tornai a casa con la speranza che ben presto sarei ritornata. E fu proprio così, dopo poche settimane tornai nello stesso ordine ma nel ramo di clausura, parlo di clausura stretta, parlo dell'ordine delle [....]. Mai in vita mia avevo provato e sono certa che mai più proverò una gioia tanto grande. Pur essendo dietro a quelle grate mi sentivo libera, difficile a credersi ma era così, per me quella era l'anticamera del paradiso. Ancora oggi darei di tutto pur di ritornarvi. Le scrivo con le lacrime agli occhi e la morte nel cuore, la prego sproni chiunque a non abbandonare la via della consacrazione a Cristo perché, mi creda, si muore per davvero. Attualmente sono fidanzata, vivo in una famiglia agiata, studio e non mi manca niente... eppure le dico mi manca tutto, darei la mia stessa vita pur di ritornare a qualche anno fa, ma purtroppo non è possibile, e certa di questo continuo a sopravvivere nella speranza di tornar ad avere almeno un minimo di felicità. La prego in nome di Cristo e della Madonna faccia l'impossibile ma sproni e aiuti coloro che hanno la tentazione di abbandonare, dica loro che la felicità sta solo nella strada che Cristo ha scelto per noi. Grazie per il suo blog.


Carissima sorella in Cristo,
                                             dammi pure del tu (lo preferisco). Ti ringrazio per la tua testimonianza che credo potrà essere molto utile alle persone che frequentano questo blog. Però nella tua lettera ho notato un po' di scoraggiamento. Carissima, ogni cristiano deve sperare in Dio, dunque non deve temere di nulla, e nel suo animo deve albergare sempre la letizia spirituale. Quindi, coraggio! Anche se la situazione può apparirti compromessa, devi sperare contro ogni speranza. Sei sicura che non puoi più abbracciare la vita religiosa in qualche buon ordine? Comunque sia, non puoi vivere nel rimpianto il resto della tua vita, affidati alla Mediatrice di tutte le grazie e vedrai che si troverà una soluzione. Se in futuro mi scriverai ancora, spero con tutto il cuore di sentirti con l'animo allegro e piena di letizia spirituale. Ci tengo molto alla salvezza eterna della tua anima, poiché sei stata pagata a caro prezzo da Cristo inchiodato alla Croce. Confida sempre in Gesù e Maria!

Ti incoraggio ad adempiere la volontà di Dio su di te, e ti saluto fraternamente in Corde Matris,

Cordialiter




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mercoledì 22 dicembre 2021

Chi riceve la Comunione sapendo di essere in peccato mortale commette un sacrilegio

Tempo fa una ragazza mi ha raccontato di aver avuto una discussione con una sua parente, la quale ha affermato erroneamente che anche se siamo in condizioni di grave peccato, è sempre meglio fare la Comunione. Ecco la mia risposta.



Cara sorella in Cristo, 
                                         leggo con interesse le tue e-mail perché non sono banali e superficiali, ma trattano argomenti importanti e profondi.

Purtroppo, oggi in giro ci sono tante persone (anche tra i sacerdoti) che affermano cose contrarie a quelle che insegna la Dottrina Cattolica. Andare a Messa la domenica è un precetto ecclesiastico che obbliga “sub gravi”, cioè sotto pena di colpa grave (ci sono dei casi in cui si è scusati dall'andare a Messa, se vuoi te ne parlo la prossima volta). Chi senza giustificazione non va a Messa nei giorni festivi, non può prendere la Comunione senza prima confessarsi. E quando si confessa deve essere sinceramente pentito del peccato fatto, e deve anche avere il fermo proposito di non peccare più (almeno di non commettere più i peccati mortali), altrimenti l'assoluzione è invalida.

Se una persona è in peccato mortale, significa che non è in stato di grazia di Dio, quindi è un controsenso voler unirsi con Gesù nel Santissimo Sacramento nonostante non si è pentiti dei peccati mortali commessi. Oltre essere assurdo è pure un orribile sacrilegio che offende gravemente Dio. E lo Spirito Santo per mezzo di San Paolo afferma che chi mangia e beve il Corpo e Sangue di Cristo pur essendo indegno (cioè in peccato mortale), mangia e beve la propria condanna.

Molti modernisti (cioè i seguaci del modernismo, che è la sintesi di tutte le eresie) affermano di “confessarsi” direttamente con Dio. Ma Gesù ha detto chiaramente agli Apostoli che solo a chi rimetteranno i peccati, essi saranno perdonati, agli altri non saranno perdonati. Pertanto chi presume di “confessarsi” direttamente con Dio inganna se stesso.

Altri dicono erroneamente che se uno ha commesso qualche peccato mortale, è sufficiente che faccia un atto di dolore perfetto e poi può tranquillamente comunicarsi. In questo caso si tratta di una grave disobbedienza alla Legge ecclesiastica, infatti il Codice di Diritto Canonico afferma che chi vuole comunicarsi, se ha commesso un peccato mortale, deve prima confessarsi.

Insomma, è vero che un atto di dolore perfetto (cioè il pentimento di aver commesso un peccato, perché con esso si è offeso Dio che è infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa, oppure perché si è stati la causa della dolorosa Passione di Cristo) rimette immediatamente un'anima in stato di grazia (se ha il proposito di confessarsi), tuttavia anche se in questo modo è tornata in grazia di Dio, deve comunque obbedire alla Legge ecclesiastica, e quindi prima di comunicarsi deve confessarsi. Essendo una Legge ecclesiastica, in teoria potrebbe essere modificata, e cioè un Papa potrebbe permettere ai fedeli di comunicarsi anche semplicemente facendo un atto di dolore perfetto (atto di contrizione), tuttavia sin quando la Legge sarà in vigore deve essere osservata. Ma nessun Papa potrà mai dire che i fedeli possono comunicarsi senza essere in stato di grazia (cioè senza nemmeno fare un atto di contrizione perfetto), perché in questo caso non si tratta di una Legge ecclesiastica, ma di una Legge stabilita direttamente dal Signore. Infatti i Pontefici possono modificare le Leggi ecclesiastiche, ma non la Legge Eterna di Dio. Per questo motivo nessun Papa può stabilire che i divorziati risposati che vivono “more uxorio” (cioè nel modo dei coniugi, che è diverso dal vivere "come fratello e sorella", ossia in castità) possono ricevere validamente l'assoluzione sacramentale (e poi fare la Comunione), infatti in questo caso non si tratta di una Legge ecclesiastica, ma di una Legge stabilita dal Signore (quella secondo cui bisogna essere sinceramente pentiti e avere il fermo proposito di non peccare più per poter avere validamente l'assoluzione sacramentale, o anche semplicemente per poter tornare in stato di grazia con un atto di contrizione).

Ci sono dei casi in cui ci si può comunicare senza aver ricevuto l'assoluzione sacramentale? Sì, ma sono rari, ad esempio i tradizionali manuali di Teologia Morale insegnano che se una persona si è accostata al sacerdote per ricevere la Comunione, e in quel momento si ricorda di essere in peccato mortale, può ricevere lo stesso la Comunione (perché altrimenti, se tornasse al banco, la gente capirebbe che è in peccato mortale e perderebbe la sua reputazione) ma deve necessariamente premette un atto di contrizione (dolore perfetto del peccato mortale commesso). Un altro esempio è quello di un prete che mentre sta celebrando la Messa (alla presenza di altre persone) si ricorda di essere in peccato mortale. Anche in questo caso può continuare la Messa (altrimenti potrebbe perdere la reputazione), facendo però un atto di contrizione.

Spesso sentiamo parlare dell'infinita Misericordia di Dio. Benissimo! Ma, come tu stessa hai ricordato, il Signore è anche infinitamente giusto. Voler andare in paradiso senza pentirsi dei peccati mortali commessi, è un voler burlare Dio, ma San Paolo afferma che “Deus non irridetur”, cioè Dio non si lascia prendere in giro da noi. 

In un suo scritto, Sant'Alfonso Maria de Liguori scrive “Tu dici: Dio è misericordioso! - Eppure, con tutta questa misericordia, quanti ogni giorno vanno all'inferno!". Dunque è ottima cosa parlare della misericordia del Signore, ma bisogna parlare anche della sua giustizia, altrimenti molta gente potrebbe pensare che possiamo peccare tranquillamente, tanto alla fine la faremo franca, perché Dio perdonerà tutto a tutti, mentre in realtà perdonerà tutto solo a chi si sarà sinceramente pentito, altrimenti andrebbe contro la sua giustizia.

Quando incontriamo una persona che contraddice con cocciutaggine la Dottrina Cattolica, non sempre è facile rimanere sereni senza alterarsi. San Francesco di Sales in gioventù aveva un carattere tendente alla collera, ma con la grazia di Dio riuscì a dominare questa cattiva tendenza e divenne il “santo della dolcezza”, perché usava con tutti (anche coi suoi subordinati) dei modi cordiali, affabili, dolci, amorevoli, ecc. Lui era vescovo, pertanto doveva correggere gli sbagli fatti dai suoi subordinati, ma lo faceva con tanta dolcezza che riusciva a catturare i cuori, cioè la gente gli obbediva non per timore di essere rimproverata da lui, ma perché si lasciava convincere dalla sua dolcezza e carità fraterna.

Chi ama Gesù ama la dolcezza. Lo spirito di dolcezza è proprio di Dio. L'anima che ama Dio ama anche tutti coloro che sono amati da Dio, pertanto cerca volentieri di soccorrere, consolare e contentare tutti, per quanto gli è possibile. Dice San Francesco di Sales: “L'umile dolcezza è la virtù delle virtù che Dio tanto ci ha raccomandato; perciò bisogna praticarla sempre e dappertutto.” Questa dolcezza bisogna praticarla specialmente coi poveri, i quali ordinariamente, poiché son poveri, son trattati aspramente dagli uomini. Non vi è cosa che tanto edifichi il prossimo, quanto la caritatevole benignità nel trattare. I santi ordinariamente avevano il sorriso sulle labbra e il loro volto spirava benignità, accompagnata dalle parole e dai gesti. Oh quanto si ottiene più con la dolcezza che con l'asprezza! L'affabilità, l'amore e l'umiltà catturano i cuori delle persone.

Sono molto contento di sapere che i pensieri di Padre Felice Maria Cappello ti sono piaciuti molto e che hai deciso di imparare a memoria e ripetere ogni giorno il seguente proposito: "Devo essere vittima di amore: Amare Gesù: ecco lo scopo della mia vita. Ogni parola, ogni passo, ogni pensiero, ogni sentimento, ogni respiro, dev'essere un atto di purissimo amore. Vivere e morire di amore per Gesù: ecco il mio ideale".

Carissima in Cristo, se questo proposito diventerà il tuo programma di vita, sarai felice già su questa Terra, e ancora di più dopo la morte.

Ci sono tante altre cose spirituali di cui vorrei parlarti, ma non voglio abusare della tua pazienza (questa lettera è già abbastanza lunga). Tuttavia, se in futuro vorrai scrivermi per dialogare su argomenti spirituali, soprattutto quando ti sentirai sconfortata o avrai qualche dubbio da chiarire, sarò lieto di risponderti. Per me è una grande gioia coltivare amicizie spirituali con persone che vogliono amare e servire Cristo Redentore.

Ti saluto cordialmente nei Cuori di Gesù e Maria,

Cordialiter




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