martedì 31 agosto 2021

Tornare al lavoro...


Tempo fa una lettrice in discernimento vocazionale mi ha detto che era dovuta rientrare al lavoro...


Caro fratello in Cristo,
                                    […]. Il rientro al lavoro è molto difficile. La stretta della crisi sta trasformando quel poco di società civile che rimaneva in una giungla spietata. Nel mio caso poi la sofferenza si moltiplica...

Sono come in attesa che il Signore si faccia vivo e mi indichi chiaramente ciò che devo fare […].

Che Dio ti benedica.
(Lettera firmata)


Carissima in Cristo,
                                   ti ringrazio per il prezioso aiuto di traduzione dei post nella lingua del Paese straniero in cui abiti. Che Iddio ti ricompensi per l'impegno profuso!

Immagino il “trauma” che stai patendo in seguito al rientro al lavoro. Fino a qualche settimana fa potevi organizzare la tua giornata quasi in maniera “monastica”, cioè riservando una fetta del tempo libero alla meditazione, alla preghiera e alla lettura spirituale. Adesso invece, oltre ad avere meno tempo da dedicare alle cose spirituali, sei costretta a frequentare persone (colleghi e alunni) che spesso parlano di tutto tranne che di Dio e delle cose importanti per l'anima. Oggi è sufficiente mettere il naso fuori dalla porta di casa per sentire già la puzza di materialismo neopagano. Viene voglia di piangere nel vedere che Dio non è amato. La società è ormai narcotizzata dall'edonismo sfrenato, ed è sempre più difficile parlare di cose spirituali.

Dobbiamo continuare a promuovere la vita consacrata, perché le persone che abbracciano questo stato di vita in ordini religiosi fervorosi, dedicano la propria esistenza terrena interamente ad amare Dio e a lavorare per la sua maggior gloria. Su questa terra siamo solo di passaggio per breve tempo, il nostro scopo è di salvarci l'anima per andare a godere la visione beatifica di Dio in eterno. Inoltre dobbiamo desiderare ardentemente che il Signore sia amato da tutti gli abitanti della terra; sì, la Santissima Trinità merita il nostro amore. E che ci stiamo a fare nel mondo se non amiamo Dio? Il nostro cuore è inquieto sin tanto che non riposa in Lui. Dunque, non arrendiamoci, continuiamo a combattere la buona battaglia per la promozione delle vocazioni religiose, sursum corda!

In Gesù e Maria,

Cordialiter




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lunedì 30 agosto 2021

Suora al servizio dei poveri

Tempo fa una gentile lettrice mi ha confidato che vorrebbe donare il resto della sua vita a Gesù buono abbracciando la vita religiosa in un istituto missionario.

Buongiorno e complimenti per il blog, spero di non disturbare e che la mia mail non sia troppo lunga. Questa è la mia situazione e sono sicura che possa darmi un buon consiglio: da tempo sento dentro di me qualcosa che mi avvicina sempre più al Signore, ogni istante della mia vita sono sempre più desiderosa di diventare suora e mi chiedevo quale fosse l'ordine religioso femminile per diventare suora al servizio dei più poveri e emarginati della società, vorrei sapere per favore come iniziare un percorso per dedicare totalmente la vita a Gesù facendomi serva come Lui si è fatto servo per tutti, ricolmandoci del Suo amore infinito e della sua carità. Sono anni che sento dentro di me un desiderio crescente, talvolta messo a tacere, ma sempre presente. Gli eventi, le difficoltà della vita, la quotidianità, mi hanno sempre spinto a interrogarmi su cosa davvero conta nella vita, a rendermi sempre più conto di come QUESTA VITA sia in realtà solo un mezzo per giungere alla VERA VITA, e allora a che cosa servono le cose, le discussioni, questo TUTTO CHE RIEMPIE I NOSTRI GIORNI MA NON è NIENTE?

Ho 27 anni, lavoro da quando ne avevo 19, anche se dall'età di 16-17 anni ho sempre pensato alla vita missionaria, prima in senso laico ma ora fermamente e sempre di più in senso religioso in unione profonda con Gesù. Tutta la vita, tutto il lavorare, le corse giornaliere, SONO SOLO TEMPO STRAPPATO A LUI. Tutto questo sono arrivata a pensarlo dopo anni in cui ho sempre avuto materialmente tutto, ma in fondo sentivo che tutto era fine a se stesso, che questo tutto materiale è niente, anzi giorno dopo giorno sento il desiderio di lasciare tutto ciò che con sacrificio di anni ho costruito per poter finalmente essere libera, libera per Lui e per tutti quelli in cui, come Lui ci insegna, potrò rivedere il Suo volto facendomi serva e amando. Nella mia vita quando tutti mi hanno chiuso le porte in faccia Lui c'è sempre stato, inchiodato sulla croce sembrava aprirmi il suo abbraccio ogni volta che lo guardavo o pensavo. È qualcosa che va oltre la preghiera, è una continua unione, pensiero, e un continuo vedere come tutto riconduce a Lui, e niente ha senso senza di Lui, anzi c'è una continua ricerca, insoddisfazione, mancanza che so che solo in Gesù può trovare compimento, e nel fare la volontà che il Padre ha su di noi, solo così avremo la gioia, la pace, saremo pronti per questa vita aspettando la vera Vita che in Lui si aprirà dopo la morte. Ma tutto il suo amore deve essere condiviso, donato a chi non lo ha perchè solo così potrò ringraziarlo, solo così potrò dare a Lui ciò che Lui ha dato a me, vedendo in ognuno il Suo volto. 

Condivido pienamente gli ideali di povertà e completa rinuncia a tutto per seguire il Signore, per trovare in Lui il nostro tutto, lasciare tutto per potermi finalmente dedicare a Lui senza più dovergli riservare "solo ciò che resta" dopo i doveri quotidiani. Parallelamente sento il desiderio di servirlo dedicandomi ai più poveri e prego il Signore di poterlo fare se questo è davvero il modo in cui posso glorificarlo al meglio. Cerco di coltivare la preghiera più che posso e partecipo alla Santa Messa, ma mi sembra poco, mi sembra che sia voler rinchiudere in così brevi periodi CIO' che è infinito. […] Lei cosa mi consiglia? Grazie di cuore.


Cara sorella in Cristo,
                                    dammi pure del tu, lo preferisco. È meraviglioso sapere che hai compreso che le cose della terra non potranno mai saziare il tuo cuore, il quale è stato creato per qualcosa di più grande: amare Dio con tutte le tue forze e sopra ogni cosa. Solo nel Signore il cuore umano trova la pace vera e la gioia autentica. Vorrei che tutte le persone del mondo amassero Gesù, perché con tutto ciò che Egli ha fatto per noi, merita davvero di possedere i nostri cuori. Tutti i cristiani dovrebbero vivere col cuore sempre rivolto al Signore, tuttavia nel mondo ci sono tante distrazioni, dissipazioni e tentazioni, e spesso la gente finisce per immergersi completamente nelle cose materiali, dimenticandosi di Dio. Invece la vita religiosa consente di liberarsi dalle preoccupazioni materiali, e di poter vivere più facilmente col cuore costantemente rivolto al Signore. Diceva Sant'Alfonso che nella vita consacrata è più facile non solo salvarsi l'anima, ma anche farsi santi, cioè praticare in maniera eroica le virtù cristiane. Ohimè, nel mondo si pensa a tutto tranne che ad amare Dio. Ma che ci stiamo a fare su questa terra se non amiamo la Santissima Trinità?

Sarebbe una grazia splendida se riuscissi a diventare vera sposa di Gesù Cristo, entrando in un buon istituto religioso nel quale si vive in maniera fervorosa. Visto che ti piace la vita apostolica dedicata al servizio dei bisognosi, ti consiglio di contattare le Servidoras (Serve del Signore e della Vergine di Matarà), che io stimo assai sia per il loro zelo, sia per lo stile di vita devoto, gioioso e caritatevole. Se decidi di contattarle per e-mail, puoi chiederle di ospitarti alcuni giorni (ad esempio una settimana) presso uno dei loro conventi, così potrai vedere se sei portata per la vita religiosa e se ti piace la spiritualità missionaria del loro istituto.

Spero che Gesù buono riesca a prenderti presto tutta per Sé! Prego la Regina del Cielo di darti la forza di restare fedele a Cristo fino alla morte. Così sia.

Approfitto dell'occasione per porgerti cordiali saluti in Corde Matris,

Cordialiter




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domenica 29 agosto 2021

Incendiate da Cristo

Pubblico un post scritto da Laudem Gloriam.

Esser santi non vuol dire esser delle anime pie, che facilmente son contente di sé e credono che la santità consista nella moltiplicazione degli atti di pietà, delle opere buone, e nulla di più. Essere santi vuol dire morire e risorgere, vuol dire disfarci ed essere come nuovamente creati per un atto di Dio, vuol dire essere collaboratori con Dio a un’opera che è più grande della creazione medesima, perché suppone una riforma totale dell’intimo di un essere che il peccato ha devastato. (Citazione tratta da “La preghiera. Lavoro del cristiano”, di Don Divo Barsotti, San Paolo Edizioni).

Sono convinta, che S. Teresa d'Avila avrebbe controfirmato, per le sue figlie al Carmelo, la citazione di Barsotti, avendone lei stessa ampiamente parlato nei suoi scritti.

La Redenzione di una sola anima, è un'opera indubbiamente più grande della stessa Creazione della nostra Terra, dell'Universo, della Galassia, delle stelle! E' a questa opera che si è intimamente partecipi al Carmelo teresiano.

"Il mondo è in fiamme!", gridava S. Teresa d'Avila, e la nostra vocazione è appiccare un'altro incendio nell'umanità, l'ardente fiamma di Cristo, Colui che disse: "Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!" (Lc 12, 49)

Come può, una carmelitana, dal chiostro, appiccare il Fuoco di Cristo in questo mondo ferito? Moltiplicando le novene e le giaculatorie, facendo atti di penitenza corporale con il cilicio, togliendosi ore al sonno per pregare di più (faccenda, questa, ampiamente sconsigliata da S. Teresa alle sue figlie), o chissà cos'altro? No, non è questa la miccia che serve al mondo. Al mondo servono carmelitane ardenti di Amore, il divino Fuoco della Passione per Cristo e per l'uomo, che è Fiamma ardente di YHWH! "Forte come la morte è l'amore, tenace come il regno dei morti è la passione: le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma divina!" (Ct 8, 6). E come si manifesta questo amore ardente? In poesiole composte durante la preghiera, piene di belle parole, in tante belle maniere delicate e cortesi che non hanno il sapore di Cristo? No, nuovamente no.

La Carità, quand'è vera e ardente, quando viene veramente da Cristo, non può che suscitare l'urgenza del donarsi totalmente, e definitivamente, per i fratelli e le sorelle. "La carità di Cristo ci spinge!" (2Cor 5, 14) Una spinta, un bisogno bruciante di amore concreto, a cominciare dalla cerchia delle sorelle che, gomito a gomito, vivono con te sul Monte Carmelo. E' questo stesso Fuoco quello che ci spinge a sorridere alla sorella meno delicata, a quella che maldestramente ci ha rotto -per la terza volta!- le uniche forbici per il cucito che avevamo, a rispondere con un lieto: "Non fa nulla!" all'altra sorella che ha dimenticato di lasciarci l'ultimo francobollo per spedire una lettera allo zio che non sentiamo da mesi, o a quell'altra sorella che, ogni volta che si racconta in ricreazione qualche storia divertente, la interrompe, facendo perdere ogni comicità che poteva avere quella battuta.

E', soprattutto, il vedere Cristo in quella sorella che non è di nostro "gusto", è essere innamorati di quella sorella per amore di Cristo che abita in lei, è il dimenticarsi di sè per fare un salto olimpico nell'Amore, per Amare di più, oltre la misura umana per sfociare nella divina, nell'amare quella sorella come la ama Cristo, con gli occhi e il Cuore di Cristo. Perchè nel Carmelo, o si decide di compiere questo salto divino, o è meglio restare a casa propria.

E' questo Amore quello che salverà questo mondo, è questo l'Amore di cui il mondo ha una sete viscerale! Sfamiamo il mondo con l'Amore!

Nel Fuoco di Cristo,

Laudem Gloriam




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sabato 28 agosto 2021

Bellezza interiore

Mi ha scritto una studentessa-lavoratrice che spesso ha per la mente questo pensiero: “E se Dio chiamasse anche me?” Ecco la sua lettera.


Caro fratello,
                        mi chiamo [...], ho 26 anni e ti scrivo dalla provincia di [...]. Seguo il tuo blog da poco tempo ma, avendovi spesso trovato parole di conforto, ho infine deciso di scriverti anche io.

[...] lo scorso anno ho potuto fare un’esperienza presso le suore [...]. Avevo tanto sentito parlare di loro e di quel che fanno per i giovani e, finalmente, per grazia di Dio, ho avuto la possibilità di andare. Per me è stata una settimana molto bella, anche se faticosa per un mio piccolo problema di salute: mi sono stati dati letteralmente occhi nuovi per vedere Dio e la storia meravigliosa che ancora oggi vuole fare con ognuno dei suoi figli. [...] Ricordo distintamente che, dopo 5 giorni mi sono guardata allo specchio e mi sono vista bella. Non avevo un filo di trucco ed erano evidenti i segni della stanchezza ma io penso che, dopo quei giorni vissuti in maniera santa, nella comunione fraterna e con la preghiera al primo posto, io sia finalmente riuscita a vedermi con occhi nuovi e a cogliere, vagamente e solo per pochi secondi, il significato dell’espressione ‘la bellezza di Dio’, tema al centro del ritiro.

Ti racconto questo episodio perché mi ha profondamente segnata, anche se non me ne sono accorta immediatamente. Infatti, per me questo appena trascorso è stato un anno molto difficile, sia dal punto di vista della salute (mia e di alcuni parenti) che da quello del lavoro e dello studio: io poi sono molto insicura e mi scoraggio facilmente. Ma sempre ho portato nel cuore quell'esperienza pensando che anche io voglio essere felice così, e quella bellezza, in me e negli altri, voglio vederla più spesso. Questa è una cosa che, lo vedo da me, è possibile solo quando si fa qualcosa mettendo Gesù al centro.

Finché un giorno nel mio cuore ha trovato forma un pensiero: “E se … e se Dio chiamasse anche me?” [...] Ho sempre pensato, però, che fosse frutto della suggestione del momento e quindi, anche questa volta, avevo inizialmente accantonato questo pensiero. Ma lui è lì ormai da qualche mese e penso proprio che sia giunto il momento di dargli voce. Purtroppo non ho avuto tempo di parlare di questa cosa con il mio padre spirituale prima che il Signore lo chiamasse a sé, quindi tu sei a conti fatti, la prima persona a sapere questa cosa … la prima persona ‘umana’, diciamo così! Per i motivi di cui anche tu parli spesso, non posso discuterne con i miei amici, anche quelli cristiani, ed in famiglia meno che mai, visto che un giorno a pranzo venne fuori questa frase: “Va bene tutto, ma un figlio prete o una figlia suora proprio no!” […].

E poi, al di là di tutto, mi piace che sia un ‘segreto’ tra me, Gesù e sua Madre, proprio come quando si è nella prima fase dell’innamoramento e quasi c'è soggezione anche solo a farsi vedere in giro con l’amato.

Senza una guida spirituale ho cercato un po’ in giro (ed è così che ho trovato anche questo blog!) ed ho visto che la prima cosa da fare nella mia situazione è quella di trascorrere qualche giorno in un buon convento. Ho pensato anche di ritornare a [...] ma, secondo me, è meglio che io trovi qualche convento qui nei dintorni, sia per poter compiere un cammino continuato, sia perché da settembre devo ricominciare con lo studio ed il lavoro. Inoltre, mentre prima non pensavo proprio alla possibilità della clausura, adesso non la escludo, anzi. Quindi mi chiedevo se conoscessi qualche buon convento qui nella provincia di [...] o comunque in zona e se ti andrebbe, gentilmente, di segnalarmelo. 

A volte penso che sia tutto frutto della mia fantasia [...], quindi mi rendo conto dell’urgenza di fare chiarezza al più presto. So che questa lettera è lunga ed anche confusa, ma non è stato facile per me dare forma a questo desiderio del cuore per la prima volta, così come non è stato facile scegliere le parole che meglio esprimessero i mille dubbi che affollano la mia mente.

Ti ringrazio per quello che fai con questo blog e ti abbraccio in Gesù e Maria,

(lettera firmata)

Cara sorella in Cristo,
                                       ti ringrazio per avermi scritto, per me è una gioia incoraggiare la gente ad abbracciare la vita religiosa. Stai facendo benissimo a riflettere attentamente sullo stato di vita da eleggere. Spesso le persone pensano solo alla possibilità di abbracciare lo stato matrimoniale, mentre invece esistono anche altri stati di vita. Il più perfetto di tutti è lo stato religioso, perché è il più simile allo stile di vita povero, casto e obbediente che il Redentore Divino praticò su questa terra. Il Signore ci lascia liberi nell'elezione dello stato di vita, ma se una persona ha la vocazione religiosa e la rifiuta, vivrà in maniera infelice per il resto della sua vita, e probabilmente anche nell'eternità, perché è difficile salvarsi in uno stato di vita diverso da quello stabilito da Dio, come insegna Sant'Alfonso Maria de Liguori nell'opuscolo intitolato “Avvisi spettanti alla vocazione religiosa”.

Non farci caso a quello che pensano i tuoi familiari della vita religiosa, purtroppo, spesso i parenti sono i peggiori nemici delle vocazioni dei figli. In genere per le persone sposate è difficile comprendere la felicità che si prova nel vivere in un monastero fervoroso, sono discorsi che non capiscono. Solo le persone spirituali possono comprendere certi discorsi.

Non devi pensare che sia assurdo che il Signore chiami proprio te alla vita consacrata. Lui non sceglie le sue spose in base ai meriti, ma dona la vocazione solo per puro e disinteressato amore. Il tuo desiderio di felicità è una cosa normale, tutti gli esseri umani cercano la felicità, come insegna la buona filosofia. Solo che i mondani la cercano nelle cose materiali e vane della terra, mentre i veri cristiani la cercano nell'amare Dio con tutto il cuore e nel seguire i suoi insegnamenti. Affinché una vocazione religiosa sia considerata autentica è necessario che l'aspirante suora sia mossa da buone intenzioni, come il voler entrare in monastero per vivere più unita a Gesù, il voler vivere il cristianesimo in maniera più profonda e radicale, il voler sfuggire dai numerosi pericoli spirituali che infestano il mondo, il voler ricercare con particolare ardore la propria personale santificazione, il voler sacrificarsi per ottenere la conversione dei peccatori e la salvezza delle anime, ecc.

Nella risposta che ti ho inviato in forma privata ti ho segnalato alcuni buoni ordini religiosi presenti nella tua regione. Spero tanto di esserti stato di qualche utilità, ma rimango a tua disposizione per qualsiasi altra domanda.

Coraggio, non arrenderti! Spero che Gesù buono riesca presto a prenderti tutta per Sé!

In Cristo Redentore e Maria Corredentrice,

Cordialiter




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venerdì 27 agosto 2021

La fortezza


Dagli scritti di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena.


Insegnami, o Signore, ad agire virilmente confidando in te. 

1 - « Il regno dei cieli si acquista con la forza » (Mt 11, 12). Non bastano le buone risoluzioni, i buoni desideri per farsi santi, occorre tradurli in pratica; ed è proprio in questa attuazione pratica che si incontrano le maggiori difficoltà, per cui spesso le anime si fermano scoraggiate o addirittura retrocedono dal cammino intrapreso. Sono anime deboli che si spaventano di fronte alla fatica, allo sforzo, alla lotta; sono anime cui manca, o per lo meno difetta, la virtù della fortezza. Questa virtù è appunto quella che ci rende capaci di affrontare e di sostenere qualsiasi difficoltà, qualsiasi disagio e sacrifìcio che possiamo incontrare nell’adempimento del dovere. Difficoltà e sacrifici che non mancheranno mai, perchè mentre « larga è la porta e spaziosa è la via che conduce alla perdizione,... stretta è la porta e angusta è la via che conduce alla vita » (Mt. 7, 13 e 14). Quindi, come sarebbe un’illusione pretendere di trovare facile e comoda la via del bene, così sarebbe un’illusione pensare di poterla battere senza un assiduo esercizio della virtù della fortezza. Anzi, quanto più un’anima aspira a maggior perfezione, tanto più deve essere forte e coraggiosa, giacchè maggiori saranno le difficoltà che dovrà affrontare.

Quando Gesù ha voluto fare l’elogio del Precursore ha detto: « Che siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? » (Mt. 11, 7); no, il Battista non era un debole che poteva essere scosso dal vento delle difficoltà, ma un forte che, per difendere la legge di Dio, non ebbe timore d’incorrere nella disgrazia del suo re e seppe affrontare con coraggio anche il martirio. Altrove, parlando della vittoria sul male e sul demonio, Gesù ha tracciato l’elogio dell’uomo forte: « Quando un uomo forte, ben armato, custodisce l’ingresso di casa sua, quanto egli possiede è al sicuro » (Lc. 11, 21). E' l’immagine dell‘anima che ha la virtù della fortezza: essa è bene armata e nessuna lotta, nessuna tentazione, nessun ostacolo può spaventarla, anzi, malgrado tutto ciò rimane sicura e tranquilla poichè trae la sua forza da Dio stesso.

2 - « Sua Maestà - scrive S. Teresa d’Avila - vuole anime coraggiose, ed è loro molto amico, purchè camminino con umiltà, diffidando sempre di se stesse » (Vi. 13, 2). La fortezza cristiana non è temerarietà nè presunzione delle proprie forze, ma si basa su Dio e sui grandi doni che Egli ha elargiti all’uomo. Se l’uomo è nulla per se stesso, è però grande per quel che Dio l’ha fatto e gli ha donato, per la dignità altissima che gli ha conferita: nell’ordine naturale è stato preposto al governo del mondo, tutte le altre creature gli sono state sottoposte, ed egli deve servirsene per meglio conoscere ed amare Dio; nell’ordine soprannaturale ha ricevuto la vocazione altissima di figlio di Dio, chiamato da lui a partecipare alla sua vita ed alla sua beatitudine eterna. Per conseguire tale mèta gli è stata conferita la grazia, la quale non è solo vita e luce soprannaturale, ma è anche forza divina, forza infusa in lui proprio per sanare le debolezze della sua natura, per corroborare la sua volontà, onde renderlo capace di adempiere tutti i doveri inerenti alla sua vocazione. Nel battesimo, assieme alle altre virtù infuse, ha ricevuto la virtù della fortezza, partecipazione della fortezza divina, depositata nell’anima sua come un germe capace di svilupparsi fino a piena perfezione. Nei doni naturali e soprannaturali ricevuti da Dio, nella dignità altissima cui l’uomo è stato da Dio inalzato, sta quindi il fondamento della fortezza cristiana.

Se siamo deboli, ciò non proviene da insuffìcienza dei doni divini, ma dalla nostra insufficienza, ossia da non aver trafficato abbastanza i talenti di natura e di grazia che il Signore ci ha dati. E, se siamo forti, il merito non è nostro, ma di Dio che ci ha resi tali. Il cristiano è umile nella sua fortezza perchè sa che questa non scaturisce da lui come da fonte propria, ma dai doni che Dio gli ha dati, ed egli rimane sempre dipendente da Dio, tanto nella considerazione del suo nulla, come in quella della sua grandezza, tanto nella sua umiltà, come nella sua fortezza. Ecco perchè il Signore, pur amando le anime coraggiose, le vuole umili e sempre diffidenti di sè; ecco perchè lo Spirito Santo dice: « rinfrancati, fatti cuore e spera nel Signore » (Sal. 26, 14).



[Scritto tratto da “Intimità Divina”, di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena, pubblicato dal Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze di Roma, imprimatur: Vicetiae, 4 martii 1967, + C. Fanton, Ep.us Aux.].

giovedì 26 agosto 2021

Della morte pratica, cioè l’istoria di quel che ordinariamente avviene nella morte degli uomini di mondo

Pubblico una meditazione sulla morte scritta dal mio amatissimo Sant'Alfonso Maria de Liguori. È un po' lunga, ma merita di essere letta per intero. Per rendere più facile la lettura ho fatto dei piccoli ritocchi, ho tradotto in italiano corrente alcuni vocaboli desueti e alcune frasi in latino. Spero tanto che questa meditazione possa esservi di qualche utilità nei periodi in cui avete bisogno di "dare una scossa" alla vita, ad esempio nei periodi di torpore spirituale.



Della morte pratica, cioè l’istoria di quel che ordinariamente avviene nella morte degli uomini di mondo.

Si narra nel Vangelo corrente, che andando Gesù Cristo alla Città di Naim, s’incontrò con un giovane morto, unico figlio di sua madre, che lo portavano a seppellire fuori le porte della Città: Ecce defunctus efferebatur. Senza passar avanti, fermiamoci a queste prime parole, uditori miei, ricordiamoci della morte. La santa Chiesa vuole, che in ogni anno nel giorno delle Ceneri, dai Sacerdoti diasi ai Cristiani questo ricordo: Memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris [Uomo ricordati che sei polvere e nella polvere ritornerai]. Oh volesse Dio, che gli uomini avessero sempre davanti agli occhi la morte, che non farebbero la vita sconcertata che fanno! Ora, affinché a voi, dilettissimi, resti impressa la memoria della morte, voglio oggi mettervi davanti agli occhi la morte pratica, cioè l’istoria di quel che ordinariamente suole avvenire nella morte degli uomini, con tutte le circostanze che sogliono intervenirvi; onde andremo considerando passo passo.

Nel punto I. Quel che accade nel tempo dell’infermità.
Nel punto II. Quel che accade nel tempo in cui si prendono i Sacramenti.
Nel punto III. Quel che accade nel tempo della morte.

Punto I.   Quel che accade nel tempo dell’infermità.

1. Non intendo in questo Discorso parlare d’un peccatore, che sempre abitualmente è stato in peccato, ma di un uomo mondano, trascurato d’anima ed intrigato sempre in affari di mondo, contratti, inimicizie, amoreggiamenti, giochi. Egli non di rado è caduto in peccati mortali, ma di rado e dopo molto tempo poi se n’è confessato. Insomma sempre è caduto e ricaduto, e per lo più è vissuto in disgrazia di Dio o almeno imbrogliato in dubbi gravi di coscienza. Consideriamo la morte di costui secondo quel che ordinariamente suole avvenire nella morte degli uomini di tal fatta.

2. E cominciamo dal principio, in cui compare l’ultima sua infermità. Egli si alza la mattina, esce di casa per i suoi affari, ma nel mentre che sta trattando, l’assalta un gran dolore di testa, gli vacillano le gambe, sente un ribrezzo freddo che gli scorre per le membra, una nausea di stomaco, ed una gran debolezza per tutta la vita. Onde si ritira in casa e si butta sul letto. Accorrono i parenti, la moglie e sorelle: “Perché ti sei ritirato così presto? Che ti senti?” Risponde: “Mi sento male, non mi reggo in piedi, tengo un gran dolore di capo”. “Tieni febbre?” “E che so io? Ma ci sarà; andate a chiamare il medico”. Si manda in fretta a chiamare il medico. Frattanto l’infermo si mette a letto, ed ivi lo prende un gran freddo, che lo fa tremare da capo a piedi; gli pongono molti panni sopra, ma il freddo non cessa, se non dopo due o tre ore, ed allora sopravviene un gran calore. Arriva il medico, l’interroga di quel che si sente, gli osserva il polso, e vi trova una gran febbre: ma per non atterrire l’infermo, dice: “Vi è la febbre ma è poca cosa”. Domanda: “Ci avete data qualche causa?” Risponde l’infermo: “Uscii di notte giorni fa, e presi freddo: fui al convito ad un amico, e passai il mio solito cibo”. “E via, non è niente; è pienezza di stomaco, o più facilmente è qualche flussione di quelle, che corrono in queste mutazioni di tempo. Passate digiuno questa mattina, ed anche questa sera, prendete una tazza di thè, e non dubitate, state allegramente, che non è niente; domani ci vedremo”. Oh vi fosse allora un Angelo, che per parte di Dio dicesse: Che dite Signor medico? Dite che non è niente? Eppure è vero che la tromba della Divina Giustizia col principio di questo male ha già dato il segno della morte di quest’uomo; già per lui è giunto il tempo della vendetta di Dio.

3. Viene la notte e il povero malato non riposa niente, cresce l’ambascia, cresce il dolore di testa; gli pare mille anni che si faccia giorno, onde appena che vede albeggiare alla finestra, chiama la gente di casa. Vengono i parenti, gli domandano: “Avete riposato bene sta notte?” “Che riposare! Che bene! Non ho potuto chiudere gli occhi per tutta questa notte. Oh Dio che affanno che sento! Che spasimo di capo! Tengo due chiodi alle tempie che mi trafiggono. Andate a chiamare il medico, che venga presto”. Viene il medico e trova avanzata la febbre; ma con tutto ciò continua a dire: “State allegramente, non è niente: la flussione ha da avere il suo sfogo, con questa febbre più presto svanirà”. Viene il terzo giorno, e lo trova peggio; viene il quarto, e compaiono già i segni della febbre maligna, la bocca amara, la lingua nera, un’inquietudine per tutta la persona, cominciano ancora i vaniloqui. Il medico ordina pertanto purghe, salassi, acqua gelata, perché la febbre è fatta acuta. Dice poi ai parenti: “Oimé l’infermità è gravissima, io non voglio essere solo, chiamiamo altri per fare un collegio”. Ma ciò lo dice in segreto ai parenti, e non ne fa parola all’infermo, per non mettergli timore, e seguita a dire: “Statevi allegramente che non sarà niente”.

4. Sicché si parla di rimedi, di più medici, di collegio; e di confessione, e Sacramenti non si fa parola. Io non so, come mai possono salvarsi tali medici; essi giurano espressamente, quando si dottorano, secondo la Bolla di S. Pio V, di non visitare più l’infermo dopo il terzo giorno dell’infermità, se quegli non si è confessato; ma per lo più questo giuramento dai medici non si osserva, e così tante povere anime si perdono; perché, quando l’infermo è giunto a perdere la testa, oppure a vacillare colla mente, che serve più a confessarsi? È dannato. Fratello mio, quando ti senti infermo, non aspettare che il medico ti dica che ti confessi, fallo da te: giacché i medici per non disgustare gli infermi non gli avvisano del loro pericolo, se non quando son disperati, o quasi disperati. E così tu fatti chiamare prima il Confessore, prima il medico dell’anima, e poi quello del corpo. Si tratta di anima, si tratta di eternità; che se la sgarri allora, l’hai sgarrata per sempre senza rimedio, e senza speranza più di rimedio.

5. Il medico dunque nasconde il pericolo all’infermo, i parenti fanno peggio, perché vanno a lusingarlo con bugie, dicendogli che sta meglio, e che i medici danno tutta la buona speranza. Oh parenti traditori! Parenti barbari, parenti maggiori nemici d’ogni nemico! Invece di avvisare l’infermo del suo stato pericoloso come sono obbligati per obbligo di pietà, specialmente i genitori, i figli ed i fratelli, affinché l’infermo aggiusti i conti dell’anima sua con i Sacramenti, lo lusingano, l’ingannano, e lo fanno morir dannato. Ma nonostante che il medico ed i parenti nascondono la verità, il povero infermo dagli incomodi ed affanni che prova, e dal vedere insieme il silenzio che osservano gli amici, i quali vengono a visitarlo, e dal vedere ancora qualche parente colle lagrime agli occhi, già si avvede che la sua infermità è mortale: “Oimé, dice, già sarà venuta per me l’ora della morte, e questi per non darmi pena non mi avvisano di niente!”

6. No, i parenti non avvisano del pericolo della morte; ma perché poi pensano al loro interesse, che loro preme più d’ogni altra cosa, sperando ognuno che l’infermo gli lasci buona porzione delle sue robe, fanno venire il notaio. Giunge il notaio, dice l’infermo: “Chi è costui?” Rispondono i parenti: “È il notaio, se mai per vostra soddisfazione voleste fare testamento”. “Dunque io già sto male, e vicino alla morte”? “No Signor padre, Signor fratello (gli dicono), già sappiamo che non vi sarebbe questo bisogno; ma un giorno avrete già da far testamento, e perciò sarebbe meglio che lo facciate ora colla testa sana, e da ora lasciate aggiustate le vostre disposizioni”. Risponde l’infermo: “Eh via, giacché è venuto il notaio, e desiderate che io faccia il testamento, facciamolo. Su scrivete Signor notaio”. Il notaio prima gli domanda in quale Chiesa vuol seppellirsi, se muore. Oh che parola di dolore! L’infermo, fatta l’elezione della sepoltura, comincia a dire: “Lascio quel territorio ai miei figli, quella casa a mio fratello, lascio quel pezzo di argento a quell’amico, e quel mobile a quell’altro”. Ma Signor tale, che fate? Voi avete tanto stentato per acquistarvi queste robe, vi avete anche aggravata la coscienza, ed ora le andate spartendo, lasciando tanto a questo, e tanto a quell’altro? Ma non vi è rimedio, quando viene la morte, si ha da lasciare ogni cosa. Ma questo lasciare è cosa di gran pena all’infermo, il quale teneva attaccato il cuore a quella roba, a quella casa, a quel giardino, a quei denari, a quegli spassi; viene la morte, e dà il taglio, dividendo il cuore da quegli oggetti amati; in questo taglio ha da sentirsi dall’infermo un gran dolore. E perciò, uditori miei, stacchiamo il cuore dalle cose di questo mondo, prima che venga a staccarcene la morte con tanto dolore, e con gran pericolo allora dell’anima.

Punto II    Quel che accade nel tempo, in cui si prendono i Sacramenti.

7. Ecco l’infermo ha fatto già testamento; finalmente dopo otto o dieci giorni dell'infermità, vedendo i parenti che egli sempre più va peggiorando, e si accosta la morte, dice alcuno di loro: “Ma quando lo facciamo confessare? È stato uomo di mondo; sappiamo che non è stato santo!” Bene, ognuno dice che si faccia confessare, ma non si trova fra di loro chi voglia dare questa nuova amara all’infermo. Onde si manda a chiamare il Parroco, o qualche altro Confessore, affinché egli gliela dia; ma quando l’infermo avrà già perduta tutta o quasi tutta la mente. Viene il Confessore, si va egli informando da domestici dello stato dell’infermità, e poi della vita dell’infermo, e sente che è stato imbrogliato di coscienza: e secondo le circostanze che ode, trema della salute di quella povera anima. Il Confessore poi, intendendo che l’infermo sta all’ultimo, prima di tutto ordina ai parenti, che escano dalla camera dell’infermo, e non vi si accostino più; indi si avvicina a lui e lo saluta: “Chi siete voi?” “Sono il Parroco, sono il Padre tale”.“Che mi comanda?” “Sono venuto, perché ho saputa la vostra grave infermità, se mai voleste riconciliarvi”. “Padre mio, vi ringrazio, ma la prego ora a lasciarmi riposare, perché sono più notti che non dormo, e non mi fido di parlare; raccomandatemi a Dio, e statevi bene”.

8. Allora il Confessore, che ha saputo già lo stato cattivo dell’anima e dell’infermo, gli dice: “Signor tale, speriamo al Signore, alla Vergine S.S. che vi liberi da questo male, ma si ha da morire una volta; la vostra malattia è grave, onde è bene che vi confessiate, ed aggiustiate le cose dell’anima, se mai avete qualche scrupolo; io apposta son venuto”. “Padre mio, io mi ho da fare una confessione lunga, perché sto imbarazzato di coscienza; ma ora non mi fido, la testa mi vacilla, l’affanno mi impedisce anche di respirare; Padre mio, domani ci vedremo, ora non mi fido”. “Ma, Signor mio, chi sa che può succedere, può sopraggiungervi qualche insulto cardiaco, qualche svenimento, che non vi dia più tempo di confessarvi”. “Padre, non mi tormentate più, io vi ho detto, che non mi fido, non posso. Ma il Confessore, che ha saputo restarvi poca speranza della sua sanità bisogna che parli più chiaro. “Signor tale, sappiate che la vostra vita sta in fine, vi prego a confessarvi ora perché domani forse non sarete più vivo”. “E perché?” “Perché così han detto i medici”. Allora il povero infermo comincia a smaniare contro i medici e contro i parenti: “Ah traditori, mi hanno ingannato: sapevano ciò e non mi avvisavano; ah povero me!” Ripiglia il Confessore; e dice: “Signor tale, non diffidate per la confessione, basta che dite le cose più gravi, di cui avete memoria, vi aiuto io a far l’esame, non dubitate. Via, su, cominciate a dire”. Si sforza l’infermo per cominciar la confessione, ma si confonde, non sa dove dar principio, comincia a dire, ma non spiegarsi, poco sente, meno intende quel che dice il Confessore. Oh Dio a questo tempo che tali si riducono a trattare dell’affare più importante che hanno, ossia della salvezza eterna! Il Confessore ascolta molti imbrogli, cattive abitudini, [...] confessioni fatte con poco dolore, con poco proposito. L’aiuta come meglio può; e dopo molti dibattimenti dice finalmente: “Via, su, basta, facciamo l’atto di dolore”. Ma Dio faccia, che non avvenga a quel moribondo quel che avvenne ad un altro infermo che capitò in mano del Cardinal Bellarmino, il quale suggerendogli l’atto di Contrizione, quegli disse: “Padre non serve affaticarvi perché queste cose così alte io non le intendo”. All’ultimo il Confessore l’assolve, ma chi sa: l’assolve Dio?

9. Dice poi il Confessore: “Orsù apparecchiatevi a ricevere Gesù Cristo per viatico”. “Ma ora sono quattro, o cinque ore di notte, mi comunicherò domani”. “No, domani forse non vi sarà più tempo, bisogna che ora prendiate tutti i Sacramenti, il Viatico, l’Estrema Unzione”. “Ah povero me! (dice l’infermo) dunque già son morto”. Ed ha ragione di dir così perché questo è l’uso dei medici di far prender il Viatico agli infermi, quando proprio stanno vicini a spirare, ed hanno perso, o quasi perso i sensi; e questo inganno è comune. Il Viatico si deve dare sempre che vi è pericolo di morte [...]. Onde sempreché l’infermo può ricevere il Viatico, può ricevere anche l’Estrema Unzione, senza aspettare che stia vicino all’agonia, ed a perdere i sensi, come malamente si pratica dai medici.

10. Ecco già viene il Viatico, l’infermo in sentire il campanello oh come trema! Si accresce il tremore, e lo spavento, quando poi vede entrare il Sacerdote nella camera col Sacramento, e guarda d’intorno al letto tante torce accese di coloro, che son venuti colla Processione. Il Sacerdote recita le parole del Rituale: Accipe Frater Viaticum Corporis Domini nostri Jesu Christi, qui te custodiat ab hoste maligno, perducat te in vitam æternam. Amen [Prendi, fratello, come Viatico, il Corpo di Nostro Signore Gesù Cristo, affinché ti protegga dal nemico maligno e ti conduca alla vita eterna. Amen]. E poi lo comunica, mettendogli sulla lingua la Particola consacrata; gli porge un poco d’acqua, affinché la trangugi, mentre le fauci dell’infermo sono inaridite.

11. Indi gli dà l’Estrema Unzione, e comincia ad ungere gli occhi con quelle parole: Per istam sanctam Unctionem, et suam piissimam misericordiam indulgeat tibi Deus, quidquid per visum deliquisti [Per questa santa Unzione e per la sua piissima misericordia ti sia indulgente il Signore per i peccati fatti mediante la vista]. E poi continua ad ungere gli altri sensi, le orecchie, le narici, la bocca, le mani, i piedi, ed i reni [...]. Ed in quel tempo il Demonio va ricordando all’infermo tutti i peccati fatti con quei sensi, col vedere, col sentire, col parlare, col toccare; e poi dice: E bene? Con tanti peccati come puoi salvarti? Oh come spaventa allora ogni peccato mortale di quelli, che ora si chiamano fragilità umane, e dicesi che Dio non le castiga! Ora non se ne fa conto, allora ogni peccato mortale sarà una spada che trafiggerà l’anima col suo terrore. Ma veniamo alla morte.

Punto III.   Quel che accade nel tempo della morte.

12. Dopo dati i Sacramenti [...] l’infermo rimane solo; il quale dopo quelli resta più spaventato di prima, mentre vede che tutto ha fatto in gran confusione, e colla coscienza inquieta. Ma già si fanno vedere i segni vicini della morte: l’infermo suda freddo, gli si oscura la vista e non riconosce più chi gli sta dappresso: non può più parlare, gli va mancando il respiro. Allora fra quelle tenebre di morte, va dicendo: “Oh avessi tempo! Avessi almeno un altro giorno colla mente sana per farmi una buona Confessione!” Perché il misero, della Confessione fatta, molto ne dubita, non avendo potuto attuare la mente a fare un vero atto di dolore. Ma che tempo! Che giorno! Tempus non erit amplius [Non ci sarà più tempo], Apocalisse 10, 6. Il Confessore già tiene apparecchiato il libro per intimargli il bando da questo mondo: Proficiscere anima christiana de hoc mundo [Parti anima cristiana da questo mondo]. L’infermo continua fra se stesso a dire: “O anni della mia vita perduti! O pazzo che sono stato!”. Ma quando ciò dice? Quando già sta per lui terminando la scena, quando sta per finire l’olio alla lampada, e già si accosta per esso quel gran momento, da cui dipende la sua felicità o infelicità eterna.

13. Ma ecco già gli si impietriscono gli occhi, si abbandona il corpo nel sito cadaverico alla supina, si raffreddano le estremità, le mani ed i piedi. Comincia l’agonia, il Sacerdote comincia a recitare la raccomandazione dell’anima. Terminata la raccomandazione, il Sacerdote tocca i polsi del moribondo, ed osserva che quelli più non si sentono [pulsare]. “Presto, dice, accendete la candela benedetta”. O candela, candela, facci luce ora che siamo in vita; perché allora la luce tua non più ci servirà, se non per più atterrirci. Ma già all’infermo il respiro si fa più raro e manca: segno che la morte è prossima. Allora il Sacerdote assistente alza la voce e dice all’agonizzante, se pur lo sente: “Dì appresso a me. Dio mio soccorrimi, abbi pietà di me. Gesù mio crocifisso, salvami per la tua Passione, Madre di Dio aiutami, S. Giuseppe, S. Michele Arcangelo, Angelo Custode assistetemi, Santi tutti del Paradiso pregate Dio per me: Gesù e Maria vi dono il cuore e l’anima mia”. Ma ecco gli ultimi segni della spirazione, il catarro chiuso nella gola, un lamento fievole del moribondo, la lacrima che gli scaturisce dagli occhi. Ecco che alla fine il moribondo storce la bocca, stravolge gli occhi, fa quattro pose, ed all’ultima apertura di bocca spira e muore.

14. Il Sacerdote allora accosta la candela alla bocca, per vedere se vi è più fiato; vede che la fiamma non si muove, e così si avvede che già è spirato. Onde dice: “Requiescat in pace” [Riposi in pace], e poi rivolto ai circostanti dice: “È morto; salute a loro Signori, è già andato in Paradiso”. È morto? “È morto”. E come è morto? Se si è salvato o dannato, non si sa; ma è morto in una gran tempesta. Questa è la morte, che tocca a questi sciagurati, i quali in vita hanno fatto poco conto di Dio: Morietur in tempestate anima eorum. Job. 36. 14. Dice: “Salute a loro Signori, è già andato in Paradiso”. Di ognuno che muore, si suole dire: è andato in Paradiso. È andato in Paradiso, se meritava il Paradiso; ma se meritava l’inferno? Salute a loro Signori, se n’è andato all’Inferno. Tutti vanno in Paradiso? Oh quanti pochi ci vanno!

15. Ecco si veste presto il cadavere, prima che finisca d’intirizzirsi; si prende la veste più logora, giacché presto dovrà marcire insieme col cadavere. Si mettono due candele accese nella camera, si serra la cortina del letto dove sta il morto, e si lascia. Si manda poi a dire al Parroco, che venga presto la mattina a prendere il cadavere. Ecco vengono già la mattina i Preti; si avviano l’esequie, nelle quali in fine va il morto; e questa è l’ultima passeggiata che ha da fare per la terra. Cominciano a cantare i Preti: De profundis clamavi ad te, Domine etc. Frattanto quelli che vedono passar l’esequie, parlano del morto, chi dice: “È stato un superbo”; chi dice: “Fosse morto dieci anni prima!”; chi dice: “Ha avuto fortuna, si è fatto i danari, una bella casa, una bella masseria, ma ora non si porta niente con sé”. E mentre che quelli parlano, il defunto starà bruciando all’inferno. Arriva alla Chiesa, si colloca il cadavere in mezzo con sei candele, vanno gli altri a mirarlo; ma presto voltano gli occhi, poiché il cadavere mette orrore colla sua vista. Si canta la Messa, e dopo la Messa la Libera; e si conclude finalmente la funzione con quelle parole: Requiescat in pace. Riposi in pace. Riposi in pace, se è morto in pace con Dio; ma se è morto in disgrazia di Dio, che pace! Che pace! Non avrà pace, mentre Dio sarà Dio. Appresso immediatamente si apre la sepoltura, si butta in quella il cadavere, si serra la fossa colla pietra, e si lascia a marcire, ed esser pascolo dei sorci e dei vermi; e così per ognuno finisce la scena di questo mondo. I parenti si vestono di lutto, ma prima si applicano a spartirsi le robe lasciate; gettano qualche lacrima per due o tre giorni, e poi se ne scordano. E del morto che ne sarà? Se si è salvato, sarà felice per sempre; se si è dannato, sarà per sempre infelice.



lll 




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mercoledì 25 agosto 2021

"Lascia tutto, e seguiMi"

Pubblico un post scritto da Laudem Gloriam.


E’ innegabile che –ahimè- la maggior parte della gente, crede che in clausura ci vadano le ragazze deluse dalla vita e dai ragazzi, quelle senza tante prospettive, per lo più ignoranti, che cercano conforto in una vita comoda e sicura, al riparo tra quattro mura dal chiasso del mondo. Persone di vedute ristrette e alquanto noiose. Anch’io, prima che il Signore mi chiamasse, avevo idee simili e piuttosto deprimenti sui monasteri. Forse anche tu che leggi, in fondo in fondo, la pensi così. 

Per sciogliere questi dubbi, basta visitare un monastero. Le monache che ho conosciuto, erano quasi tutte plurilaureate o laureate, che hanno lavorato fino al giorno prima dell’ingresso in Monastero: chi era ingegnere, chi professoressa, chi ricercatrice, chi avvocato, chi notaio, chi fisico teorico, chi dottore in alimentazione etc. Tutte persone sveglie e bene inserite nella società, molto spesso con posti di prestigio e benestanti. Spesso frequentavano la Parrocchia, ed erano come quelle ragazze che animano l’oratorio con la chitarra cantando di tutto cuore, o il capo scout che tutti amavano, sempre col sorriso sulle labbra. Eppure, nello stupore di tutti, hanno lasciato ogni cosa e sono entrate in un Monastero di clausura. 

Io stessa, che vi scrivo, ho due lauree: mi hanno chiesto di tenere conferenze, ho fatto diversi concorsi, ho lavorato per diversi privati e ho ricevuto diverse offerte di lavoro alquanto prestigiose. Il giorno dopo la laurea, ero già sul posto di lavoro. L’ultima offerta è stata qualche settimana fa, quando un’azienda internazionale mi chiamò, chiedendomi se ero interessata e disponibile a spostarmi all’estero, per un lavoro altamente specializzato. E, negli stessi giorni, diversi privati mi avevano contattato per altrettanti lavori di una certa entità. Ho rifiutato gentilmente le offerte, essendo prossima la mia entrata al Carmelo. 

Insieme a diversi posti di lavoro (che, in tempo di crisi, sono veramente dei miracoli), entrando al Carmelo rinuncio alla stesura del libro che avevo iniziato a scrivere ampliando la mia tesi di laurea specialistica, su cui stavo ancora lavorandoci, a suonare i miei amati strumenti musicali, alle attività in Parrocchia di cui sono responsabile, alla miriade di parenti e amici che amo, alla mia città, ai libri che avevo comprato nella speranza di leggerli in futuro e che non leggerò mai; ai film che volevo vedere da mesi, attendendo la loro uscita, e che non vedrò mai; rinuncio anche al farmi una semplice passeggiata in giro, alle gite fuori porta, alle scampagnate con gli zii lungo le scarpate fiorite, a visitare musei e nuove città, a farmi io stessa una bella famiglia con un marito buono e dolce. 
Racconto questo, per far comprendere che questa scelta è molto seria e concreta, non certo di comodo o per deresponsabilizzarsi. Di certo non ho “paura del mondo”, come molti superficialmente accusano le monache. 

Si rinuncia a tutto, è vero, anche alla propria libertà personale, ma non certo per morire interiormente, ma per una vita ANCORA più piena! Gli altri sono felici con quello che io ho? Bene. Ma io voglio ancora di più per essere felice! E’ troppo poco quello che ho già adesso!



Questo è il segreto che vorrei tutti leggessero nei miei occhi: sì, rinuncio a tantissime cose belle, che ho costruito col sudore della mia fronte, ma ci rinuncio per avere di più, per avere Dio, il mio Dio, il mio Gesù, tutto mio ed io tutta sua. E davanti all’immensità di quest’Amore che ho gustato fino ad ubriacarmi, tutto è spazzatura e niente, non regge alcun confronto. Come si può paragonare una vita intima con Dio, con posti di lavoro prestigiosi? Come posso “vendere” questa vita che mi sento dentro, piena, appagante, straripante, con i miei miseri progetti personali? 

Io ho scelto TUTTO! Ho scelto il mio Signore e mio Dio!

Siate felici con me! 

Guardate la scintilla che c’è negli occhi di una Carmelitana scalza, e vedrete se ciò che ho scritto è vero o no. 

Sempre,


Laudem Gloriam




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martedì 24 agosto 2021

Clausura?

Ripubblico una delle prime lettere che ho ricevuto da una studentessa liceale.


Grazie per aver risposto così prontamente e per i consigli che mi hai dato, vedo che avevo inteso bene a darti fiducia. Pregherò molto perché i giovani, i chiamati al matrimonio e i sacerdoti possano santificarsi, perché ora capisco quanto sia difficile amare Dio come gli si deve in mezzo al mondo! E per me penso: se il Signore mi ha convertita e se mi ha fatto scoprire quale fosse la mia vocazione sin da questa età pur sapendo che il mio parroco mi dice di finire la scuola, ci sarà un motivo! Probabilmente devo riparare a tutti i danni e gli scandali che ho fatto prima della conversione, che è avvenuta proprio un anno e più fa - e quanti sono nonostante la giovane età! e quanto gravi! che vergogna - e nel contempo devo prepararmi per lo sposalizio con Gesù.

[...] Mi rivolgo quindi al mio parroco, che è anche mio confessore; lui non sconsiglia nessuno di abbracciare la vita religiosa, ma a quanto pare non gli vanno molto a genio le monache di clausura: all'inizio ero terribilmente incerta se Dio mi stesse chiamando alla missione o alla clausura e lui una volta disse "non te ne andrai mica in clausura!", per questo, da quando successivamente ho compreso risolutamente che la via era la clausura, non gli ho ancora detto niente a riguardo. Quindi non è un vero e proprio direttore spirituale... cosa posso fare? ho letto l'autobiografia di santa Gemma Galgani e ho visto che lei inizialmente aveva un contatto epistolare col suo direttore spirituale, sbaglio? è possibile fare una cosa del genere? ma chi sarebbe disposto a farlo?

Passando ad altro, per risponderti: no, non ho ancora capito quale sia l'ordine in cui devo entrare. [...] Non mi cruccio particolarmente su questo, ho chiesto già da tempo a Maria che mi indicasse lei quale fosse, quando Dio vorrà farmelo capire [...]. Ho il desiderio di entrare in un ordine di stretta osservanza, puoi magari consigliarmene qualcuno nella mia regione? Tanto meglio se vi è la liturgia in forma antica del rito romano.

Per ora ti saluto, rinnovando i ringraziamenti.

(Lettera firmata)


Carissima in Cristo,
                                sono felice che tu non voglia accontentarti di un monastero qualsiasi, ma desideri un monastero di stretta osservanza. La vita religiosa è bella solo se è vissuta in maniera profonda e radicale. Che senso ha entrare in un monastero “annacquato”, cioè dove si vive in maniera tiepida e rilassata?

Ho rispetto per la Messa nel rito moderno, ma mi piace di più il rito antico. Ho visto Messe moderne celebrate con devozione; ma quanti sono coloro che la celebrano degnamente e senza abusi liturgici? Ahimé, c'è da piangere. Speriamo che le cose in futuro possano migliorare.

Nella lettera che ti ho inviato in privato ti ho segnalato alcuni buoni monasteri presenti dalle tue parti. Sarebbe bello se tu potessi andare in uno di questi monasteri per fare un'intensa esperienza vocazionale. Per il momento potresti cominciare a scrivere (se vuoi posso fornirti gli indirizzi completi), per iniziare ad avere un dialogo con loro, per confidarti e per permettere una reciproca conoscenza spirituale.

Per quanto riguarda il direttore spirituale, la situazione generale è davvero problematica. È difficile trovare un sacerdote ben preparato, molto prudente e caritatevole. In genere un sacerdote non accetta di dirigere spiritualmente un'anima tramite corrispondenza, se prima non l'ha conosciuta di persona. Comunque, anche se non hai un vero e proprio direttore spirituale, non è una tragedia; potrai benissimo entrare in monastero lo stesso. Mi raccomando non dire a certi preti "moderni" che ti piace la Messa antica, altrimenti rischi di venire "sgridata”. È assurdo, ma è successo ad altre persone.

Hai fatto bene a non parlare di vocazione con i tuoi parenti. Se qualche amica o parente dovesse chiederti per quale motivo non hai un “ragazzo” come ce l'hanno le altre tue coetanee, basterà rispondere loro che è difficile al giorno d'oggi trovare un buon fidanzato, ma non accennare alla vocazione, altrimenti potrebbero ostacolarti. Non è vero quel che dicono certe persone, secondo le quali le suore di clausura sono inutili. In realtà sono utilissime, perché con le loro preghiere e penitenze attirano innumerevoli grazie dal Cielo. Chissà quante anime hanno convertito con le loro preghiere Santa Chiara, Santa Teresa d'Avila, Santa Teresina e tutte le altre sante suore di clausura!

Se certe tue amiche sapessero che sei attratta dalla vita monastica, forse si metterebbero a ridere e ti considererebbero pazza. Ma la vera pazzia è vivere su questa terra senza amare Dio che è l'unico nostro bene. Il desiderio di uno stile di vita più perfetto è un grande dono che il Signore ti ha fatto, e che solo pochi riescono a capire. Del resto, Gesù è il miglior sposo che una donna possa avere. Al contrario, le donne che si sposano con gli uomini della terra, spesso si pentono di aver contratto matrimonio. Maltrattamenti, gelosie, tradimenti, litigi, dissapori con suocere e cognate, dolori del parto, strapazzi per la cura della casa, ribellioni dei figli, affanni per accumulare beni materiali ...questi sono i principali problemi che fanno soffrire le donne sposate. Tra le lettrici del blog, mi hanno scritto alcune di loro per raccontarmi i loro guai. Una signora mi ha detto chiaramente che se avesse conosciuto il mio blog 10 anni prima, invece di sposarsi sarebbe entrata in convento. :-)

Gesù è stato tanto buono con te. Se fossi morta quando facevi peccati gravi, adesso dove staresti? Ma il Redentore ti voleva talmente tanto bene che non solo non ti ha fatto morire in peccato, ma addirittura ha trasformato completamente il tuo cuore e ti ha fatto sentire l'ardente desiderio di donarti a Lui abbracciando la vita religiosa. Devi essergli molto grata! Già da ieri ho cominciato a pregare per te, e continuerò fino a quando non saprò che ti sei legata per sempre con Lui in qualche monastero di stretta osservanza. Io non mi arrendo mai!

Il “martirio d'amore” che stai soffrendo e che ti fa piangere di compunzione, è un grande dono. Fai bene ad offrire le tue sofferenze per la salvezza delle anime, per le vocazioni, per i vescovi, il Papa, la conversione dei pagani, ecc.

Ti saluto cordialmente in Gesù e Maria,

Cordialiter




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lunedì 23 agosto 2021

Vivere d'amore

Lettera di una lettrice che arde dal desiderio di "vivere d'amore", cioè di vivere per amare Dio e il prossimo.


Caro D.,
               è ormai passato molto tempo dall'ultima volta che ci siamo sentiti, anche se, in un certo senso, tutti i giorni ti sento. Continuo a leggere i tuoi blog, grazie per quello che fai, grazie per il tempo e le energie che dedichi a tutto ciò.

Vorrei raccontarti un po' della mia gioia! Gioia perchè il Signore è stato tanto misericordioso con me e, nonostante il mio peccato, mi ha donato tanto amore! È bello sentirsi beati, felici, fortunati di poter gustare ogni giorno la presenza di Dio. È bello riuscire dopo tanto a fidarsi di Lui, ciecamente, e in totale abbandono. Purtroppo non è quello che vedo attorno a me, ma ho deciso che non mi farò prendere dallo sconforto! È proprio per questo che bisogna gioire, per testimoniare quanto è bello tutto ciò! Bisogna vivere bene il tempo che ci è dato, non perdendo di vista Dio, compiendo bene le nostre opere nel tempo!

....e amando!!! quanto è bello amare senza pregiudizi, senza obiettivi... vivere per amore, vivere d'amore... è così bello vivere d'amore gratuito, mio verso gli altri, di Dio nei miei confronti! Alla fine non resta che ringraziare, di cuore, con gioia, perché da quando c'è tutto questo, da quando c'è questa fiducia la mia vita scorre più agevole, nonostante rimangano tutte le preoccupazioni che il tempo comporta.

Ora non si tratta più di voler cambiare il mondo, ora si tratta di fare quello che è alla mia portata, facendo il bene che sono chiamata a fare. Ho voglia di vivere con gioia, cogliendo l'esortazione di Paolo a essere lieta (Fil 4, 4-7), aprendo così la mia vita a Dio.

In Gesù
(Lettera firmata)


Cara sorella in Cristo,
                                  sono molto contento di sentirti piena di gioia; ciò è un buon segno. Infatti la gioia e la sana allegria sono considerati dei buoni segni vocazionali. Al contrario, se una persona è triste e malinconica, difficilmente viene accettata in un ordine religioso.

Mi è piaciuta tanto la tua lettera, sono felicissimo di sapere che ardi dal desiderio di “vivere per amore”. Un Giorno saremo giudicati sull'amore. Il mondo non conosce il vero amore perché non conosce Dio. Infatti l'amore per essere vero deve essere radicato nel Signore, deve nascere da Lui. Se uno dice di amare, ma non rispetta la Legge di Dio, il suo amore è falso. Basti pensare a coloro che commettono adulterio.

Coraggio, continua a “vivere per amore”, amando Dio con tutto il cuore e sopra ogni cosa, e il prossimo come te stessa. Ubi cáritas et amor, Deus ibi est. Congregávit nos in unum Christi amor. Exsultémus, et in ipso jucundémur. Timeámus, et amémus Deum vivum. Et ex corde diligámus nos sincéro. (Dove ci sono la carità e l'amore, lì c'è Dio. L'amore di Cristo ci ha riuniti insieme. Esultiamo e in Lui rallegriamoci. Temiamo e amiamo il Dio vivente. E amiamoci con cuore sincero).

Approfitto dell'occasione per porgerti i miei più cordiali e fraterni saluti in Corde Regis,

Cordialiter




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domenica 22 agosto 2021

Apostolato coi bambini

Ripubblico la lettera di una lettrice desiderosa di fare apostolato coi bambini...


Carissimo D.,
                       sono tornata da qualche giorno dal campo estivo della mia parrocchia con i bambini... adesso non so cosa mi prende. Ho vissuto giorni fantastici, pregavo testimoniavo Dio, ma adesso sento qualcosa che non capisco. Mi sono chiusa, bloccata, non riesco a parlare con nessuno, mi sento proprio male. [..] Non mi trovo bene a vivere la vita di ogni giorno, mi sento sempre fuori luogo, [...] sono stata a una festa di compleanno e dopo dieci minuti volevo scappare, ho incontrato delle mie vecchie compagne di scuola, ma i loro discorsi per me erano stupidi... pensare solo ai fidanzati, se si sono lasciati con un ragazzo trovarne subito un altro pronto, boooooo non lo so! Sto male, la gente mi vede e dice: "che hai fatto?", io non voglio far vedere il mio malessere, lo nascondo, ma forse non ci riesco! Adesso a breve riparto per un campo di servizio con un'altra parrocchia, sarò in grado di testimoniare ancora Gesù? Sono confusa! Forse hanno ragione quelle persone che anni addietro mi dicevano che sono una bambina, una stupida!! Sì, hanno ragione loro!

Ti saluto in Cristo nostro Signore e in Maria dolce Madre,

(lettera firmata)


Cara sorella in Cristo,
                              è normale che tu ti senta come un pesce fuor d'acqua quando stai in mezzo a persone che parlano di cose mondane. Anche un'altra lettrice del blog mi aveva detto di sentirsi a disagio quando stava a contatto con persone che facevano discorsi tutt'altro che spirituali. Adesso quella ragazza vive in un monastero di clausura dove finalmente si sente a casa sua ed è felice di vivere insieme al suo Sposo, Gesù buono, di cui è innamoratissima e lo adora ogni giorno, soprattutto durante il Santo Sacrificio della Messa e l'Adorazione Eucaristica.

Anche tu quando avrai abbandonato il mondo traditore e sarai entrata in convento, finalmente ti sentirai felice.

Anche se hai più di 20 anni, le persone dicono che sei ancora una bambina. E io sai cosa ti dico? Devi rimanere sempre semplice come una bambina! Infatti Gesù nel Vangelo ha detto che se non saremo come bambini non entreremo nel regno dei cieli (cfr. Mt 18,2). Ciò che importa è piacere a Gesù, non ai mondani.

Anche suor Bertilla Boscardin era considerata "bambina" persino da altre suore, eppure si fece santa ed edificò il prossimo col suo comportamento semplice.

Spero che appena possibile tu possa fare una bella esperienza vocazionale in un ordine religioso fervoroso e osservante. Ho molte speranze che in convento ti troverai bene, soprattutto se il tuo ordine avrà a che fare con i bambini, quelli veri. :-) Ad esempio potresti provare con le Servidoras.

Spero di esserti stato di qualche utilità e ti incoraggio a perseverare nel bellissimo desiderio di donare a Dio il resto della tua vita,

Cordialiter




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sabato 21 agosto 2021

Il periodo interno di prova dell'Aspirante al Carmelo

Pubblico un post scritto dalla mia collaboratrice Laudem Gloriam.


Prima di poter entrare ufficialmente al Carmelo per il postulandato, solitamente la Comunità richiede un periodo di prova di uno o più mesi, da vivere in seno al Carmelo con le sorelle, gustando la loro stessa vita e lasciando che lo Spirito le aiuti a discernere se, davvero, quella ragazza è chiamata a quel particolare stile di vita, o se la sua vocazione è altrove.

Terminati i mesi di prova all’interno, quando l’aspirante torna a casa, la Comunità si riunisce nel Capitolo, dove solo le sorelle che hanno professato solennemente possono accedere ed avere diritto di voto: lì condividono le impressioni che hanno avuto sulla candidata, le luci avute nella preghiera, e i suoi progressi all’interno della vita monastica. Se la maggioranza del Capitolo della Comunità vota favorevolmente, la candidata può accedere al postulandato, varcando la desideratissima porta del Carmelo, porta senza maniglie esterne, ma che solo dall’interno può schiudersi, tra i canti gioiosi delle sorelle che intonano il Magnificat e tengono in mano la candela della fede della Chiesa.

In questi giorni sto facendo un po’ di acquisti utili per il periodo di prova al Carmelo: dei sandali robusti, una gonna lunga, e altri piccoli effetti personali. Infatti, durante l’aspirantato interno al Carmelo, non si indossa alcun abito particolare (a differenza del postulandato e del noviziato), ma gli stessi che si possono trovare in un qualunque negozio di abiti vicino a casa propria. Solitamente, l’unica richiesta della Comunità è di indossare una lunga gonna, che è molto pratica (solo chi è stato al Carmelo, sa quanti inchini bisogna fare! I pantaloni aderenti non aiutano in queste genuflessioni per l’adorazione divina).

Proprio ieri stavo sentendo la Madre Priora per la scelta del giorno d’ingresso per la prova, ed è stato per me motivo di grande gioia scoprire che, nel periodo in cui dovevo scegliere la data, c’era la ricorrenza di un amatissimo santo Carmelitano! Non ho esitato due volte, ed al telefono le comunicai che non c’è miglior momento, per l’ingresso, che sotto la tutela di quel grande e amato Santo!

Quanto batte il cuore per l’attesa di quell’ingresso! Quanto vorrei far divorare dal fuoco queste settimane che restano, correndo verso la mia amatissima cella, accanto alle Madri e sorelle del Carmelo! Con che gioia vedo le ore che scorrono, e come vorrei che corressero con maggiore fretta! Chi può comprendere l’ardore del mio cuore, chi può toccare l’intimo del mio spirito, senza uscirne scottato dall’immane Fuoco che mi brucia, di desiderio, all’interno? Pregate per me!

Laudem Gloriam




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venerdì 20 agosto 2021

Incoraggiare una ragazza indecisa

Ripubblico una vecchia lettera di una gentile lettrice del blog (è sposata, ma da giovane aveva pensato di consacrarsi a Dio...), la quale volle inviare un messaggio d'incoraggiamento ad una ragazza “indecisa”....

Caro D,
              innanzi tutto spero tu abbia trascorso delle buone vacanze […]. Mi sono soffermata sulla bellissima testimonianza della ragazza che si sente confusa dopo il campo estivo. Vorrei incoraggiarla con due brevi storie simili alla sua.

- Una mia amica, catechista, ha vissuto la sua stessa esperienza, una ventina d'anni fa... dopo un campo estivo tornò completamente cambiata, era però inquieta, ma mai sgarbata, cioè, si vedeva che la sua inquietudine veniva da qualcosa che la faceva soffrire molto. Noi del gruppo la prendevamo un po' in giro, ma poi comprendemmo che la sua sofferenza diventava anche la nostra, talmente eravamo unite... Così le consigliammo di parlarne al parroco, di confidarsi con lui. All'inizio era più nervosa del solito, mi confidò che il prete le aveva parlato di vocazione e lei non ci aveva pensato, la cosa le metteva agitazione... alla fine provò e andò a fare esperienza vocazionale, alcuni ritiri e tornò che era completamente trasformata, piangeva, ma di gioia... aveva trovato la sua strada! Coraggio allora... i veri amici comprenderanno e gioiranno con te!

- La seconda esperienza mi è stata raccontata: un ragazzo ed una ragazza, molto, molto amici, praticamente fidanzati ma... i conti non tornavano, si sentivano a disagio, temevano di ferirsi l'un con l'altro perchè ciò che li univa, scoprirono dopo, non era l'amore fra loro, ma per Cristo, e così confidandosi e condividendo questo Amore, lei entrò in un monastero di clausura e lui diventò frate.

Non temere di parlarne con qualcuno, e non temere di liberare la vocazione che ti anima, tirala fuori tutta, i primi tempi troverai incomprensioni, ma tu troverai la vera serenità....

Ti ricorderò nel Rosario quotidiano!

(Lettera firmata)




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giovedì 19 agosto 2021

Fidanzamento?

Una gentile lettrice mi ha raccontato che era fidanzata e aveva intenzione di sposarsi, ma poi ha compreso di non essere chiamata alla vita matrimoniale, ma a qualcosa di più grande.


Carissimo fratello in Cristo,
                                              mi chiamo [...], ho 36 anni e abito in Piemonte. Ti ringrazio di cuore per aver realizzato questo blog che mi è stato molto utile e che sicuramente lo sarà anche per molti altri. Mi permetto di darti del “tu” in quanto ho letto in più occasioni che lo preferisci, e anche perché ti percepisco come un caro amico di sempre.

Bella, intelligente, acculturata e socialmente attiva. Questa ero per chi mi vedeva dall'esterno e non mi conosceva a fondo. E io aggiungerei, brava a fingere. La mia vita, però, non è stata sempre facile, Dio mi ha portata a fare un percorso accidentato e spesso doloroso affinché prendessi piena consapevolezza di ciò che voleva da me. Il cammino è stato molto lungo, mi sono allontanata da Lui, ho seguito strade sbagliate, ma il Signore paziente, infinitamente buono e immensamente misericordioso non mi ha mai abbandonata. Nonostante l’esperienza del fidanzamento, non sono riuscita a giungere al matrimonio, perché avvertivo dentro di me “qualcosa” che diceva: “Questa non è la vita che ho scelto per te”. Ma quale allora? Il Signore non può volere una come me come Sua sposa! Davvero non riuscivo a capire. Ho sempre avuto timore della solitudine, la conosco bene, ma Dio continuava a farmi sentire la Sua voce: “Tu non sei sola”. Queste parole, che udii per la prima volta durante l’adolescenza, riecheggiarono per anni nella mia mente pur non comprendendo appieno il loro significato. Poi la malattia, che ancora mi accompagna, la preghiera del cuore e la vera gioia nell'offrire tutte le mie sofferenze a favore delle anime bisognose, secondo la Sua Santa volontà. In quel momento una Luce nuova colpì la mia anima, e il mio modo di pregare non fu più quello di prima. Dio mi fece voltare indietro e vidi nitidamente tutti i miei peccati, i miei abomini, domandai perdono versando lacrime amarissime, chiesi a Gesù di fare di me ciò che desiderava, e Lui mi lasciò ancora una volta libera di decidere e mi propose due strade: una bella, dritta e priva di difficoltà, l’altra tortuosa ed impervia. Scelsi quest’ultima perché mi avrebbe permesso di aiutarlo a sostenere la Croce. E fu così che il Signore diede inizio al mio percorso di discernimento con l’ausilio di un Padre Spirituale che Lui stesso mi indicò in modo semplice e folgorante, come solo Dio sa fare. Caro Cordialiter, ti chiedo una preghiera affinché, nella mia miseria, riesca davvero a fare la volontà del Signore. Dal canto mio, pregherò perché Dio ti sostenga sempre in questo tuo delicato compito. Spero che questa mia umile testimonianza sia di aiuto a coloro i quali, sentendosi soli e perduti, sono alla ricerca del Signore, ma che travolti dal caos della quotidianità e sordi alla potenza del silenzio, non si sono ancora accorti di averlo sempre avuto accanto. Sia lodato Gesù Cristo!

Con stima e affetto,

(lettera firmata)


Cara sorella in Cristo,
                                    ti ringrazio di avermi scritto, mi piace molto leggere le storie di conversioni come la tua, perché mettono in risalto l'infinita misericordia di Dio. Molta gente si commuove quando pensa alla bontà di Gesù buono, sempre pronto ad accogliere a braccia aperte ogni peccatore che ritorna a Lui con cuore contrito.

Hai fatto bene a non sposarti se non eri convinta di abbracciare lo stato di vita matrimoniale. Mi hanno scritto tante persone coniugate (soprattutto donne) che si sono pentite di essersi sposate, e che se potessero tornare indietro, abbraccerebbero la vita religiosa, verso la quale si sentivano attrarre in gioventù.

Pregherò molto volentieri per te nella speranza che Gesù buono ti prenda tutta per Sé in qualche buon istituto religioso. Le donne più felici che ho conosciuto nella mia vita sono le suore che vivono in maniera fervorosa la propria vocazione.

Approfitto dell'occasione per porgerti i miei più cordiali e fraterni saluti in Cordibus Jesu et Mariae,

Cordialiter




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